Rispetto al grosso degli attori, Alan Ladd era basso, appena centosessantotto centimetri, ma alcune schede lo indicano almeno dieci centimetri in meno. Tuttavia aveva un aspetto fantastico, una voce straordinaria e un grande talento recitativo. Così, sebbene ancora oggi sia una delle figure maschili più minute nella storia di Hollywood, produttori e registi, ammaliati dalle sue qualità d’attore, fecero il possibile per compensare la sua altezza.

Oltre a suggerirgli tacchi, di solito, tenevano gli altri attori su zolle o piattaforme più basse e inquadravano Ladd a cavallo o seduto in poltrone e auto, oppure lo posizionavano leggermente più indietro. Tutti espedienti usati anche da George Stevens in “Il cavaliere della valle solitaria”, il capolavoro western che lo ha consegnato alla storia del cinema. Jack Shaefer, autore del romanzo da cui fu tratto il film, quando seppe di Ladd si disperò furiosamente con la produzione e lo accettò controvoglia. Si sarebbe dovuto ricredere. In “Le giubbe rosse del Saskatchewan”, invece, il regista Raoul Walsh fece scavare una sorta di trincea per alcune scene con Hugh O’Brian che era alto un metro e ottanta.

Erano accorgimenti buffi e spettegolati anche perché al pubblico erano note l’altezza e la costituzione di Ladd. Le riviste di film e gossip ci scrissero a lungo, ma ciò non scalfì l’amore della gente per questo attore.

Anche nei noir il problema era affrontato con intelligenza, ricorrendo ad una compagna fissa, la bellissima Veronica Lake, che era alta un metro e cinquanta. I due divennero le star di pellicole incentrate su cerchie turbolente di gangster, politici corrotti, criminali e arrampicatori senza scrupoli. Ciò non sottrasse i registi Stuart Heisler (La chiave di vetro, 1942), George Marshall (La dalia azzurra, 1946), Leslie Fenton (Saigon, 1948), dall’incombenza di costruire inquadrature necessarie a far sembrare l’attore più alto. Inoltre, spesso recitava su una scatola, particolare davvero curioso se si considera la faccia di marmo che si ritrovava, perfetta per gli hard boiled.

Il problema di Ladd era dovuto ad un’infanzia dura, segnata dalla perdita del padre, che vide morire davanti ai suoi occhi per un improvviso attacco di cuore. Soffrì scabbia e malnutrizione e non a caso i suoi amici lo prendevano in giro chiamandolo “Tiny” cioè “minuscolo”.

In generale la vita privata di Ladd fu marchiata dal dolore.

Visse a lungo con sua madre, in povertà, ricorrendo a lavori occasionali ed estenuanti per sbarcare il lunario. Quando la sua carriera prese il decollo, il suo patrigno morì e dovette prendersi cura della madre, nel frattempo diventata alcolista. Quando la donna si suicidò, nel 1938, Ladd finì in depressione e combatté con i postumi di questa malattia sino alla fine della sua vita, ricorrendo a sedativi.

Nel novembre 1962 fece un tentativo di suicidio, ma senza successo e fu trovato privo di sensi dopo essersi sparato. Morì due anni dopo, il 29 gennaio 1964 a Palm Springs, in California, per overdose di pillole e alcol, all’età di cinquanta anni.

 

 

Angelo D’Ambra

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Angelo D'Ambra
Angelo D'Ambra, saggista, laureato in Scienze Politiche, anima il portale di divulgazione storica historiaregni.it, scrive di storia nordamericana per farwest.it e si occupa di critica cinematografica e musicale per planetcountry.it e passionecinema.it.
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Angelo D'Ambra, saggista, laureato in Scienze Politiche, anima il portale di divulgazione storica historiaregni.it, scrive di storia nordamericana per farwest.it e si occupa di critica cinematografica e musicale per planetcountry.it e passionecinema.it.

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