New York 1980. Il giovane Paul Graff (Banks Repeta), finisce nei guai a scuola ma fa amicizia col coetaneo Johnny (Jaylin Webb) di estrazione più sociale più umile. Tuttavia i genitori (Jeremy Strong, Anne Hathaway) decidono di trasferirlo in un’altra scuola per separare i ragazzi, mentre il saggio nonno Aaron (Anthony Hopkins) cerca di aiutarlo con i suoi consigli.
L’alba del reganismo, di solito descritto come un fenomeno economico e politico, raccontato dal regista James Gray, attraverso i suoi ricordi d’infanzia, come un fenomeno sociologico vissuto da una famiglia borghese si vede all’improvviso minacciata non solo da un possibile conflitto nucleare ma dalla prospettiva di ritrovarsi esclusa da una società che sta rapidamente cambiando e in cui ai valori dell’altruismo e della compassione si sostituiscono la cupidigia, l’egoismo e la convinzione che chi è più sfortunato di noi, in qualche modo, se lo meriti.
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Uno spettro che nel racconto regista si materializza a poco a poco (e per proprio per questo più inquietante), manifestandosi nel finale quando il giovane Paul è costretto a scegliere tra il mondo della sua infanzia e quello a venire.
Certamente la lettura del regista risente delle sue convinzioni personali che influenzano la rappresentazione di un periodo storico molto complesso, ma la storia, nobilitata anche dalla prova del giovane protagonista e da uno straordinario Anthony Hopkins, è uno di quei racconti (anche se forse eccessivamente lungo) di rara potenza che permette al Cinema di essere non solo una lanterna magica capace di mostrarci meraviglie ma anche la lente con cui analizzare e mettere in discussione il nostro recente passato.
Andrea Persi