Nel finale di Assassinio sull’Orient Express avevamo lasciato l’Hercule Poirot interpretato da Sir Kenneth Branagh in partenza per un risolvere un altro caso di omicidio avvenuto “su quel dannato Nilo”. Ma a cinque anni dal precedente film, il regista di Hamlet, non riprende banalmente da dove aveva lasciato, ma apre la trasposizione di uno delle più truculente opere di Agatha Christie con un antefatto ambientato durante la Grande Guerra che ci spiega la genesi del celebre investigatore per poi trasportarci nel 1937 (anno del romanzo) con Poirot tornato dall’Egitto ma in procinto di ripartirvi per una vacanza, durante la quale, si aggregherà al gruppo di invitati alla crociera sul Nilo organizzata dalla ricca Linnet Ridgeway (Gal Gadot) per festeggiare il suo matrimonio con l’aitante Simon Doyle (Armie Hammer) e in cui cercherà di proteggere la coppia dalle persecuzioni dell’ex fidanzata di Simon Jacqueline (Emma Mackey).
Più che nel film precedente, Branagh si allontana dal romanzo eliminando, come del resto fece lo stesso John Guillermin nella famosa versione interpretata, tra gli altri, da Peter Ustinov, David Niven, Bette Davis, Maggie Smith, e Angela Lansbury, la pletora di personaggi inutili finalizzata solo ad aumentare il numero dei sospetti, ma introducendone di nuovi, come Bouc, lo scapestrato amico di Poirot, interpretato nuovamente da Tom Bateman e sua madre Euphemia (Annette Bening) e, soprattutto, modificando radicalmente la natura e la psicologia degli altri, che da occasionali testimoni del delitto nel romanzo, diventano individui tutti legati alla vittima e di conseguenza dotati di moventi più o meno credibili (da quello convenzionale dello spasimante deluso a quello francamente assurdo dell’amica di colore bullizzata a 5 anni) e quindi inevitabilmente sospetti.
E in effetti, il vero mistero del film, in cui l’omicidio sembra solo un fatto secondario, sembra proprio quello sul suo protagonista.
Andrea Persi
La frase: Poirot “L’assassino è qui. E resterà qui”.
Eccovi il trailer in Italiano