Il tramonto del muto e l’avvento del sonoro nella Hollywood a cavallo degli anni ’20 e ’30, vissuti attraverso le esperienze della star Jack Conrad (Brad Pitt), dell’ambiziosa attrice Nellie LaRoy (Margot Robbie), del musicista di colore Sidney Palmer (Jovan Adepo) e dell’aspirante cineastaManny Torres (Diego Calva).

Damien Chazelle cerca di volare alto, raccontando una storia che vorrebbe essere allo stesso tempo un atto d’accusa verso lo star system hollywoodiano e il divismo degli anni ’20 (tematica, peraltro, propinata al pubblico fin dagli anni ‘40 con pellicole come Il giorno della locusta di John Schlesinger o È nata una stella di William Wellman) e allo stesso tempo una dichiarazione d’amore verso il Cinema, ma il risultato complessiva è una caduta rovinosa quanto quella di Icaro.

La carrellata di efferatezze ed eccessi, che vanno da milionario obeso che si fa urinare addosso all’attrice che vomita a una festa di ricconi peggio di Linda Blair in Riposseduta (giusto, in questo caso, citare la parodia e non il film originale) vorrebbero rappresentare, in maniera pasoliniana, la corruzione morale di Hollywood (simile appunto a quella della biblica Babilonia) contrapposta alle meraviglie che vi vengono realizzate.

Più grande è il sogno, più alto è il prezzo. Guarda il nuovo trailer di BABYLON di Damien Chazelle con Brad Pitt, Margot Robbie e Diego Calva. #BabylonIlFilm dal 19 gennaio 2023 al cinema.


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Purtroppo Chazelle si smarrisce in una logorroica narrazione di oltre 3 ore in cui il passaggio tra la società di eccessi palesi a una di bigotto e finto moralismo  (emblematico il cameo di Tobey Maguire) che sembra rappresentare il fulcro della storia e che in effetti è stato uno dei momenti cruciali della storia del Cinema viene sbrigativamente liquidato in scene al limite del ridicolo (si veda i ripetuti ciak del primo film sonoro di Nellie che culminano con la morte di un fonico) o lasciato semplicemente senza spiegazione, pensiamo al dialogo tra Conrad e la giornalista mondana Elinor St. John, interpretata da Jean Smart (uno dei momenti migliori del film assieme a quella del ballo tra Nellie e Manny) in cui quest’ultima dice al divo che non c’è un vero motivo per il declino della sua carriera.

Insomma il regista allunga un brodo insipido con scene grottesche ed estreme ma non riesce, né a livello visivo né a livello dialogico a fornire spessore a una storia che tristemente si riduce a una sequela in crescendo di bizzarrie a cui il pur ottimo cast (tra cui spiccano Brad Pitt e Margot Robbie) relegato negli stereotipi, ad esempio, del divo indolente e dell’attricetta cinica, non riesce a risollevare.

Male per lo spettatore che dopo 189 minuti finisce col sentirsi anche lui come se un elefante lo avesse sommerso di escrementi.

Andrea Persi

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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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