Linsey (Jennifer Lawrence) torna a casa dall’Afghanistan dopo un attacco che le è quasi costato la vita e mentre attende che i medici le permettano di tornare al fronte inizia a lavorare come pulitrice di piscine, stringe amicizia col meccanico James (Brian Tyree Henry) e cerca di ricostruire un rapporto con la problematica madre Gloria (Linda Elmond). Ma la sua strada verso la guarigione sarà più ardua di quanto la ragazza pensava.
In questo dramma minimalista e a tratti claustrofobico che, infatti, si svolge quasi sempre negli stessi luoghi: la casa di Linsey, nello studio del suo medico, ai bordi della piscine che la ragazza pulisce (a volte mostrate, alla maniera di Antonioni, senza nessuno dei personaggi), la regista Lila Neugebauer, racconta un difficile viaggio di guarigione interiore (la “strada rialzata” del titolo appunto), dall’un epilogo lasciato volutamente in sospeso, a significare che nella vita nulla è definitivo, raccontato più dalle azioni dei personaggi che dai loro dialoghi e in cui l’acqua (elemento simbolo del cambiamento) ha un ruolo fondamentale. Infatti, il confronto decisivo tra Linsey e sua madre e tra Linsey e James avviene in acqua, mentre la scelta finale della ragazza circa il proprio futuro questa viene celebrata con un bagno in un’affollata piscina pubblica a significare una sorta di ritorno della protagonista a ciò che amava da bambina e alle interazioni con il prossimo.
Jennifer Lawrence si muove molto bene, con un’interpretazione algida ma intensa al tempo stesso, in questo dramma ricco di simbolismo sulla vita che va affrontata non prendendola di petto, ma accettando le proprie ferite e comprendendo quelle altrui.
Andrea Persi