Philadelphia 1999. Due amiche omosessuali, la timida Marian (Geraldine Viswanathan) e la disinibita Jamie (Margaret Qualley), partono in auto verso la Florida non sapendo che all’interno del loro veicolo un gruppo di sicari al soldo del potente senatore Channel (Matt Damon) ha nascosto qualcosa di molto prezioso, a causa del quale saranno coinvolte in una serie di stravaganti e pericolose avventure.

Due anni fa, Joel Coen ha girato per Apple Tv una della più intriganti e visivamente coinvolgenti trasposizioni del Machbeth di William Shakespeare con attori del calibro di Denzel Washington, Frances McDormand, Harry Melling (l’odioso cugino Dudley di Harry Potter) e Brendan Gleason, dimostrando, peraltro, un coraggio non comune nello sperimentare e cercare nuovi percorsi artistici.

Per il suo volo solitario, Ethan ha, invece, preferito percorrere i sentieri narrativi più tradizionali della commedia surreale e politicamente scorretta, ottenendo solo un fiacco clone de “il Grande Lebowski” su due ragazze anch’esse ai margini della società come il mitico Drugo (lesbiche degli Stati Uniti di fine anni ’90) che si ritrovano, loro malgrado, coinvolte in un intrigo.

Infatti, a differenza del film del 1998, la storia, dopo il prologo tarantiniano con il cameo del “Mandaloriano” Pedro Pascal si dimostra subito scialba e senza inventiva girando per quasi un’ora e mezza tra cervellotici (e noiosi) discorsi sul sesso,  scene d’amore saffico più umoristiche che erotiche, sequenze di trip psichedelici che dovrebbero avere un senso narrativo ma invece sembrano piuttosto dei “tappabuchi” dei tempi morti della storia e scene d’azione più grottesche che violente in cui le nostre eroine (senza dubbio più belle che intelligenti o più preoccupate delle loro pulsioni sessuali che di essere in pericolo) scampano alla morte quasi per caso, sublimando, infine, l’esperienza nel modo più convenzionale possibile tramite l’americanissimo Dio denaro. 

Unica nota positiva, l’interpretazione di Margaret Qualley, specie se messa a paragone con l’inespressività da Gargoyle della Viswanathan del cui personaggio, il regista, tanto per sprecare ulteriore pellicola, ritiene importante mostrarci perfino le prime pulsioni erotiche per la prosperosa vicina di casa. 

 Dopo aver visto questo film, il titolo di uno dei più famosi film dei fratelli Coen (“Fratello, dove sei?”) suona tanto come un’invocazione d’aiuto

Andrea Persi

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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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