Valutazione Complessiva

6

    La storia sembra destinata a ripetere se stessa. Nel 2013, Dopo aver girato Il Divo, bel film che però ho sempre visto come un’operazione simpatia in favore di Giulio Andreotti, Sorrentino girò La Grande Bellezza, malinconico e pessimista spaccato del jet set romano, vincendo l’Oscar come miglior film straniero. Oggi dopo aver girato una nuova monumentale opera su un personaggio pubblico controverso come Silvio Berlusconi, il regista partenopeo è nuovamente nella short list dell’Academy con un film stavolta ambientato nella sua Napoli e incentrato su una famiglia del ceto medio in cui però non mancano suggestioni sia estetiche che narrative con l’opera precedente.

    Fabietto Schisa (Filippo Scotti) vive a Napoli un’adolescenza serena anche se solitaria con i genitori Saverio (Tony Servillo) e Maria (Teresa Saponangelo e dei fratelli Marchino (Marlon Joubert) e Daniela (Rossella Di Lucca), attorniato da un gruppo di bizzarri parenti. Mentre l’intera città è in fermento per il possibile arrivo del campione argentino Diego Armando Maradona, una sciagura sconvolge la vita del ragazzo.

    La profusione di luoghi comuni su Napoli e i suoi abitanti fanno capire molto bene perché gli Americani che hanno una visione alquanto pittoresca dell’Italia, abbiano apprezzato il susseguirsi di sole, mare, donne piacenti anche se attempate interessante solo a concedersi, mozzarelle addentate con famelica voracità, tifo condotto all’estasi religiosa. Ma, fortunatamente, il film è più di questo.

    La pellicola, girata con il consueto stile onirico di Sorrentino, in cui l’incontro con San Gennaro diventa una proiezione del desiderio di una moglie infelice di concedersi ad altri uomini per coronare il suo sogno di madre, è, in effetti, una profonda riflessione sull’elaborazione del dolore con esiti forse non ottimistici ma in cui speranza finisce per fare capolino, in parte però rovinata, dalle libertà storiche che il regista si concede come sul primo anno Maradona o sulla figura del regista Antonio Capuano che fanno enfatizzano il senso di realtà del racconto, a vantaggio dell’atmosfera favolistica, ma a scapito quel realismo che l’analisi delle sofferenza interiore, invece, imporrebbe.

    Ci presentiamo comunque agli Oscar con un titolo di indubbia qualità che coniuga sentimento, dramma e bellezza insieme.

    Andrea Persi

    Eccovi il trailer

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    “Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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