Quella di Ercole non è solo una figura chiave nella storia del peplum, è una delle vicende cinematografiche più interessanti che si possano raccontare. E’ incredibile l’importanza avuta da questa figura nel complesso del cinema d’azione.

Il film storico, sia americano che italiano, era generalmente codificato su valori cristiani per quanto concerne i contenuti mentre gli aspetti tecnici, i set, le scenografie ed i costumi erano costosi ed improntati alla sontuosità. I peplum, invece, erano caratterizzati da scenografie povere, ma ingegnose, erano produzioni popolari legate a budget modesti, senza alcun piano valoriale, che riscuotevano successo grazie alla prestanza di attori bodybuilder. Spesso l’azione era più incisiva della recitazione, ciò che contava era l’immediatezza della trama e la bellezza opulenta dei corpi, sovvertitrice della morale e delle restrizioni della censura.

Tutto nacque, approssimativamente, dopo il successo del mitologico “Le fatiche di Ercole”, quando il pubblico stupì nel vedere un eroe a torso nudo incatenato tirare giù delle possenti colonne. La buona riuscita di quella pellicola del 1958, diretta da Pietro Francisci ed incentrata sulla fisicità di Mr. America Steve Reeves e Sylva Koscina, spinse lo scenografo Ennio De Concini a tentare di bissare il risultato con un film, “Ercole e la regina di Lidia”, che della ricetta vincente del precedente enfatizzava i muscoli e la sessualità a discapito della trama. Alla coppia Reeves-Koscina si affiancarono Sylvia Lopez, Patrizia Della Rovere, Primo Carnera, Mimmo Palmara (pure in “Le fatiche…”), alla fedeltà al racconto mitologico si sostituì invece il gusto dell’atto eroico, alle intricazioni della sceneggiatura subentrarono scelte ingenue ma dirette e spettacolari. Il buono sconfigge persino una tigre, quella del circo di Nando Togni, mentre il cattivo di turno, la regina Onfale, trasforma in statue i suoi amanti, in una inavvertita anticipazione degli elementi chiave della heroic fantasy. I meravigliosi ambienti della Lidia che si vedono nella pellicola sono merito di un giovane Mario Bava, direttore della fotografia, che scelse di rinforzare i toni del rosso e del viola, per creare atmosfere intense e vivide. Fu un trionfo.

Nel frattempo Hollywood indietreggiava come le schiere di Tebe davanti ai bicipiti di Ercole, per finire col rinunciare al genere storico nel 1963, dopo il flop di  “Cleopatra”, il film più costoso di tutti i tempi, ma anche quello che quasi affondò la 20th Century Fox. Da quel momento in poi in Italia spopolarono i peplum e gli americani li importavano. Ercole furoreggiò per un buon decennio, contro la critica, contro le scuole, contro Hollywood, contro la censura, appassionò milioni di ragazzi ed adulti, entusiasmò il pubblico femminile, spadroneggiò ai botteghini, surclassò negli incassi ogni film. Registi e case cinematografiche conoscevano il segreto commerciale del successo, sapevano ciò che voleva il pubblico proletario e di periferia che si riversava nei cinema: protagonisti strappati al mondo del sollevamento pesi, radicalizzazione assoluta di bene e male, presenza dell’eroe classico che combatte da solo contro un intero regno di cattivi, sequenze d’azione sia di lotte corpo a corpo che di grandi battaglie, intrighi di palazzo, un tiranno da uccidere, una donna da salvare ed una forte carica sensuale che sfuggiva alla censura (cosa c’era di meglio dei succinti pepli per mostrare la nudità femminile in un epoca di rigida censura?).

Come prima cosa si assistette ad un moltiplicarsi di ingaggi per attori improvvisati ma fisicati come Ed Fury, Mark Forest, Gordon Mitchell, Gordon Scott, Alan Steel, Kirk Morris. Così si aprì una fase del cinema italiano seminale, destinata a chiudersi solo con l’esplosione dello spaghetti western.

Vittorio Cottafavi uscì subito con “La vendetta di Ercole”, facendo conoscere al pubblico un altro forzuto dal viso fotogenico, il culturista statunitense Mark Forest (poi pure in “Ercole e i figli del Sole”, un’incursione del figlio di Zeus tra gli Incas filmata da Osvaldo Civirani). Forest, ovvero l’italo-americano Lou Degni, ottenne questa parte quando Steve Reeves, su consiglio di sua moglie Alina, capì che doveva iniziare a scrollarsi di dosso l’immagine dell’eroe marmoreo. Non vi riuscì mai, Forest invece sognò di diventare cantante lirico, e, dopo l’abbandono del cinema nel 1965, qualche successo in questo campo lo ebbe. A “La vendetta di Ercole”, seguì Mario Caiano con “Ulisse contro Ercole”, stavolta col wrestler Michael Lane nei panni del figlio di Zeus. Gianfranco Parolini per “La furia di Ercole” volle l’imponente Brad Harris, Bragaglia per “Gli amori di Ercole” chiamò l’ungherese Mickey Hargitay. Alberto De Martino, per il suo “Il trionfo di Ercole”, si affidò ai muscoli del greco Dan Vadis (pure in “Ercole l’invincibile” di Alvaro Mancori), Maurizio Lucidi, con “La sfida dei giganti”, a quelli dell’inglese Reg Park (protagonista già di “Ercole alla conquista di Atlantide” per la regia di Vittorio Cottafavi e di “Ercole al centro della Terra” di Mario Bava). L’italiano Sergio Ciani, controfigura di Steve Reeves, prestò i suoi muscoli, col nome di Alan Steel, per “Ercole contro Roma” di Piero Pierotti, Gordon Scott diede i suoi per “Ercole contro Moloch” di Giorgio Ferroni, Rock Stevens per “Ercole contro i  tiranni di Babilonia” di Domenico Paolella. Pure Francisci ci riprovò, stavolta accupandosi in prima persona della sceneggiatura: venne fuori “Ercole sfida Sansone” con Kirk Morris, pure protagonista di “Il conquistatore di Atlantide” di Alfonso Brescia.

Questa lunga serie di film su Ercole, dopo un’interruzione degli Anni Settanta, si concluse nel 1985, con Lou Ferrigno in “Le avventure dell’incredibile Ercole”, di Luigi Cozzi, il che fa capire quanto il genere sia stato importante come progenitore della heroic fantasy e del film supereroistico. I bodybuilder come Arnold Schwarzenegger erano divenuti ora il ​​punto fermo dei film d’azione. 

Angelo D’Ambra

Share.

Angelo D'Ambra, saggista, laureato in Scienze Politiche, anima il portale di divulgazione storica historiaregni.it, scrive di storia nordamericana per farwest.it e si occupa di critica cinematografica e musicale per planetcountry.it e passionecinema.it.

Leave A Reply