Le piccole e grandi tragedie personali e professionali vissute da Enzo Ferrari (Adam Driver) alla vigilia della Mille Miglia del 1957.
Arriva finalmente nelle sale il film al centro della polemica veneziana sulla nazionalità degli attori lanciata da Piefrancesco Favino, al grido “i ruoli di Italiani agli Italiani” (ragionamento che se portato alle sue naturali conseguenze esigerebbe che un romano come lui non avrebbe potuto interpretare Siciliani come Salvatore Todaro o Tommaso Buscetta, Svizzeri come Clay Regazzoni o Lombardi come Bettino Craxi).
Dopo aver visto il film ci si rende conto, però, che solo un regista straniero poteva realizzarlo e solo un attore straniero poteva interpretarlo. La tendenza, o sarebbe meglio dire, il provincialismo del Cinema, non solamente italiano, di ignorare il “lato oscuro” dei personaggi famosi (specie se “monumenti nazionali”) avrebbe reso impossibile la realizzazione di una pellicola in cui Ferrari è descritto come un donnaiolo e un cinico affarista, capace di assumere un nuovo pilota cinque minuti dopo la morte per incidente di un altro e di non riconoscere per meschino interesse economico il proprio figlio avuto fuori dal matrimonio (circostanza questa non esatta, in quanto fino al 1975 il riconoscimento dei figli naturali non era possibile)
Eccovi il trailer
Un’interpretazione dei fatti (più che un vero e proprio falso storico), basata su episodi e comportamenti reali della vita del Drake, secondo cui le donne erano “una ricompensa per il lavoro”, certamente eccessiva (impensabile, ad esempio, che la sanguigna consorte Laura Garrello, interpretata da una mono espressiva Penélope Cruz, fosse una sorta d Sally Spectra ante litteram) ma che ha l’indubbio merito di portare alla luce episodi, come l’incidente di Guidizzolo, importanti ma colpevolmente poco noti. In particolare, la scelta di Mann di lasciare l’interpretazione delle conseguenze dell’incidente al giudizio del pubblico dimostra una grande abilità autoriale da parte del regista di Nemico Pubblico.
Ottime anche la ricostruzione storica, la resa scenica e l’interpretazione di Adam Driver che purtroppo continua ad alternare performance impeccabili a momenti di totale torpore recitativo, vedi House of Gucci o l’ormai tristemente nota trilogia sequel di Star Wars.
Insomma, non la biografia su Ferrari che volevamo, ma quella di cui avevamo bisogno per ricordarci che i biopic non sono (e non devono essere) una semplice agiografia dei personaggi.
Andrea Persi