Dopo due spin off così così (The Nun e La Llorona) e in attesa del terzo capitolo della saga principale con gli inossidabili Vera Famiga e Patrick Wilson come protagonisti assoluti, l’universo di The Conjuring creato da James Wan, ormai divenuto un vero e proprio equivalente horror del Marvel Cinematic Universe, si arricchisce del terzo capitolo, catalogabile come un midquel, incentrato sulla bambola Annabelle, diretto e sceneggiato da Gary Dauberman, affermato autore horror di pellicole come It di Andrès Muschietti o dell’imminente remake del classico Salem Lot, qui al suo esordio come regista, mentre la fotografia è affidata a Michael Burgess, le musiche, come di consueto, a Joseph Bishara e gli effetti speciali al team formato da Corinne Fortunato, Mark Hawker, Bob Mano e Brian Wade.

Dopo aver recuperato e messo al sicuro, non senza rischi, la demoniaca bambola Annabelle nel proprio museo dell’occulto, i coniugi Warren (Vera Famiga e Patrick Wilson) riprendono la loro vita con la figlia Judy (Mckenna Grace). Ma ben presto il male troverà il modo di manifestarsi e minacciare ragazza e le sue amiche Mary Ellen (Madison Iseman) e Daniela (Katie Sarife).

Se vedendo i capitoli precedenti vi siete chiesti quanto sia irresponsabile tenere un’accozzaglia di oggetti maledetti in casa con una bambina in età scolare e facendo un lavoro che ti porta spesso fuori città, avrete la vostra risposta. Partendo dal più classico dei cliché horror, quello del gruppo di giovani soli in casa che non trovano nulla di meglio da fare per passare il tempo che scatenare le forze del male, il film, “strizzando l’occhio” a Il sesto senso di Shyamalan e al “fratello maggiore” Insidious, tra jumps scares, fake scares, riflessioni sul bene e il male e ben dosati momenti di ironia che ruotano per lo più attorno al personaggio dello spasimante di Mary Ellen, tal Bob “ha le palle” Palmeri (Michael Cimino), evita di fare la fine altre di pellicole cadute ben presto nel dimenticatoio come il recente Slender Man, riuscendo a conservare l’imprevedibilità della storia (il male viene risvegliato, ma non per mero cazzeggio adolescenziale) grazie anche a ottime scene di tensione fra cui meritano di essere ricordate: quella della sposa, del gioco da tavolo, e dello schermo tv (quest’ultimo citazione, per cultori, dalla serie tv Ai confini della realtà).

La storia di Annabelle, per la gioia degli appassionati, continua e lo fa ad alti livelli.

Andrea Persi

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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey
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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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