Mahmud (Marwan Hamdam) e Alon Alon (Mikhael Fridel), che vivono nella Striscia di Gaza e hanno in comune la passione per il surf. Potrebbero essere grandi amici ma il primo è musulmano e figlio di un martire della ribellione mentre l’altro è ebreo e vive in una delle colonie israeliane della Striscia. L’incontro con il tormentato ex campione di surf Dan (Tom Rhys Harries), sopranominato “il fantasma di Gaza”, segnerà l’esistenza dell’uomo e dei due bambini.
Il film tratto dall’omonimo romanzo di Nicoletta Bortolotti e diretto dall’esordiente Loris Lai, è una storia di prigionieri.
Prigionieri sia fisicamente sia metaforicamente, che dapprima cercano di adattarsi alla loro situazione Mahmud gioca alla guerra tra Arabi e Israeliani e si avvicina all’ambiente dei bimbi soldato, Alon segue, sia pure con qualche dubbio, la filosofia paterna del “o noi o loro” e Dan si trascina per le strade diroccate della città (vero e proprio campo minato a cielo aperto) oppresso dei suoi sensi di colpa che cerca di lenire con le droghe.
Solo in un secondo tempo e attraverso il senso di libertà derivante dalla passione per il surf, i tre riescono a scuotersi dal torpore routinario della propria condizione, cominciando un percorso di maggior consapevolezza umana di se stessi e degli altri.
Soprattutto il piccolo Mahmud che vive la realtà più cruda ed è il protagonista sia delle scena più cruente (come quella in cui un suo amico viene ferito dagli Israeliani) ma allo stesso tempo anche di quelle più poetiche e suggestive (come il racconto di Maometto e della vecchietta fattogli da proprietario del bar, la corsa dentro i tubi di cemento o le varie sequenze oniriche che lo riguardano).
Questo espediente registico di distaccare in qualche modo la narrazione dalla realtà in favore di un approccio più favolistico e meno documentaristico, sebbene abbia il pregio di dare originalità alla storia, allo stesso tempo ha il difetto di renderla che risente anche a causa di una sceneggiatura a cui mancano particolari guizzi narrativi, poco scorrevole in alcune parti
I Bambini di Gaza, pur con tutti i limiti di un’opera prima, è comunque un film importante per capire, attraverso lo sguardo dei più piccoli, che una via per la pace è sempre possibile.
Andrea Persi
Guardate il Trailer