Estate 1969. Solo e ormai in pensione, l’archeologo Indiana Jones (Harrison Ford) viene coinvolto dalla figlioccia Helena Shaw (Phoebe Waller-Bridge) nella ricerca di un misterioso congegno inventato da Archimede, che si dice possa influenzare lo spazio-tempo e che fa gola anche allo scienziato Jürgen Voeller (Mads Mikkelsen) e al suo gruppo di neonazisti.
Il delirio filmico e di onnipotenza (Mangonld, infatti, crede che Indy possa essere maltrattato suo piacimento, infilandolo in qualunque situazione assurda) dura ben due ore e mezza e si apre con un Harrison Ford ringiovanito digitalmente che assalta un treno zeppo di nazisti (che per lo si fanno fuori loro, manco fossimo in True Lies di James Cameron) e prosegue 25 anni dopo (nel 1969, appunto, subito dopo l’allunaggio dell’Apollo 11) con un Indy praticamente a un passo dalla mummificazione che affronta un antagonista invece non invecchiato di un giorno (boh?) e la sua ciurma di scagnozzi da fumetto formata da: un energumeno praticamente muto (Olivier Richters), un biondo platinato dal grilletto facile (Boyd Holbrook) e una specie di Foxy Cleopatra (Shaunette Renée Wilson) che pare uscita direttamente da Austin Powers, mentre tenta badare figlioccia dalla discutibile etica (e simpatica come un foruncolo sulla schiena) e di recuperare la preziosa e inesistente reliquia, ispirata alla macchina di Anticitera, un antico calendario risalente però ad almeno un secolo dopo la morte di Archimede.
Eccovi il trailer
Viste le premesse, Mangold non fa problemi a spezzare il ritmo narrativo con inutili “spiegoni” fuori luogo e nemmeno a violare la logica e la continuity narrativa. Qualche esempio: Indy fugge a cavallo sotto la metro, non venendone travolto per un pelo, salvo poi uscirne proprio nel momento in cui arriva “Foxy Cleopatra” sopraggiunta chissà da dove (manco fossimo in Funny Games di Haneke), buoni e cattivi ottengono le informazioni di cui hanno bisogno in 5 minuti, decenni prima della nascita di google e pur partendo a giorni di distanza l’uno dall’altro arrivano quasi allo stesso momento a destinazione (tra le altre cose, se mai dovreste andare da Tangeri al centro dell’Egeo, ricordate che prendendo un treno e poi un aereo nella direzione opposta arriverete almeno 24 ore prima dei vostri nemici che sono partiti prima di voi in elicottero).
Il tutto abbinato a una resa scenica sciatta, soprattutto nella computer grafica e a sequenze d’azione banali e scontate (Mangold ci fa perfino vedere nel trailer l’esito di una della scene cruciali del film), rendono la pellicola una modesta opera d’intrattenimento (sebbene meno irritante del precedente) che non è salvata nemmeno dal ritorno di Karen Allen e John Rhys-Davies (quest’ultimo a mero uso e consumo del fandom) o dall’inserimento dei bravi Toby Jones e del già citato Mikkelsen, mentre l’aver evitato un assurdo finale da fantascienza di serie Z per uno più in sintonia con la saga sembra, più che un atto di rispetto, l’ennesimo sberleffo del regista nei confronti dell’iconico archeologo e delle generazioni di fan che hanno amato questo personaggio, la cui unica colpa sembra essere quella di apparire fuori posto nei moderni film d’azione in cui spadroneggiano personaggi come Ethan Hunt o Dominc Toretto tutti reazioni e azione ma con l’empatia di un tostapane. Un contesto con cui Indy (che a un certo punto rimprovera Helena per non aver mostrato sufficiente dispiacere per la morte di un suo amico) non certamente essere in sintonia.
Un commento a parte meritano le sequenze girate in Italia, precisamente in quella che dovrebbe essere Siracusa. Passino i soliti luoghi comuni secondo cui nel Belpaese è un continuo di cerimonie religiose (i nostri arrivano durante la processione e vanno via durante un matrimonio) ma spendere qualche euro in più per non piazzare Ford nel bel mezzo del parco archeologico di Segesta (che, peraltro, dista tipo 350 km da Siracusa) tra comparse vestite come nel 21° secolo sarebbe stato carino.
Insomma, teniamoci stretti l’epicità di Indiana che cavalca nel tramonto con i suoi amici ne L’ultima crociata o, al limite, la burbera simpatia del vecchio Indy dei telefilm Le avventura del giovane Indiana Jones. Ciò che è successo dopo è meglio fingere che appartenga a una diversa linea temporale.
Andrea Persi