Ogni uomo o donna su questo pianeta è il frutto di ciò che ha visto, vissuto ed elaborato consciamente ed inconsciamente nel corso della propria vita. E il cinema, come molte altre forme d’arte, è un mondo contraddistinto da un turbinio di continue emozioni e sentimenti. E il docu-film Lynch/Oz del regista svizzero Alexandre O. Philippe si focalizza inizialmente sul primo amore cinematografico di Lynch, Il mago di Oz, influenza fissa nel cinema e serialità televisiva del regista per sfociare successivamente in un’analisi più profonda. Lynch viene filtrato e raccontato da sé stesso in alcuni estratti e da registi, artisti, critici e persone del mondo dello spettacolo, tra cui, il collega e amico John Waters e la critica cinematografica Amy Nicholson.
Lynch/Oz è la storia di una ossessione nell’ossessione: quella di Philippe di riuscire a decostruire un personaggio surreale, esoterico, misterioso ed enigmatico come Lynch, di riuscire a scoperchiare almeno una parte di un infinito vaso di Pandora e di capire come Il Mago di Oz abbia portato David Lynch ad essere ciò che oggi è.
Ma è pressoché impossibile riuscire a contenere l’universo interiore di un personaggio multiforme come David Lynch. Gli spunti di Phillippe sono sicuramente utili a fornire un piccolo bagaglio a chi non si è mai avvicinato all’artista, ad approfondirlo per chi lo conosce già, ma una vera e propria risposta, una verità e conferma alle analisi di tutti coloro che hanno collaborato al film non c’è, ed è anche questo probabilmente lo scopo principale di questo lavoro: ognuno di noi ha una opinione sul lavoro di Lynch, e ogni opinione potrebbe essere giusta, ma non lo sapremo mai la verità. È lo stesso Lynch, in piccoli estratti in cui viene intervistato, a depotenziare le domande dei giornalisti, smentendo ogni singola visione o curiosità potesse emergere.
Nel capitolo conclusivo di David Lowery, regista di Pete’s Dragon, che viene sfoggiato il punto di analisi più interessante: Lynch è sicuramente cresciuto con un ossessione per Il Mago di Oz ma l’arte di Lynch si estende e ben oltre i limiti di un solo film. Basti pensare ai continui omaggi alle opere di Francis Bacon, su cui si potrebbe tranquillamente costruire un altro documentario.
Il Mago di Oz rappresenta per Lynch la sua infanzia ma al contempo la rottura tra la sua parte infantile ed adulta. Come le antiche fiabe e filastrocche, il Mago di Oz contiene al suo interno tanti insegnamenti utili alla propria crescita personale e un grande tatto nel preparare i bambini del domani alla violenza della vita e alle difficoltà che affronteranno in futuro. La speranza e i sogni sono l’unica cosa che abbiamo bisogno di mantenere accesi dentro di noi per poter affrontare la quotidianità. Ed è vero, il mondo a volte può sembrare un posto oscuro, e se per le tante delusioni le nostre luci interiori cominciano a spegnersi, è nostro compito tenerle accese e credere che le cose prima o poi cambieranno, un po’ per il nostro lavoro e un po’ seguendo l’inevitabile flusso della vita.
Antonio Preziosi