La vita di Napoleone Bonaparte (Joaquin Phoenix) dal vittorioso assedio di Tolone all’esilio di Sant’Elena, attraverso i suoi trionfi, le sue sconfitte e il travagliato amore con la prima moglie Giuseppina de Beauharnais (Vanessa Kirby).
Dire dopo il Gladiatore Ridley Scott non abbia “azzeccato” un film storico sarebbe sbagliato, ma solo perché la spettacolare epopea di Massimo Decimo Veridio di storico (tra giare al napalm e l’anfiteatro chiamato “Colosseo” secoli prima che prendesse quel nome) aveva pochino, anche se lo spettatore non ci fa faceva caso. Ma in questo caso tra inesattezze e libertà storiche (Napoleone che assiste alla decapitazione di Maria Antonietta benché allora si trovasse a Tolone, già impegnato nell’assedio e Robespierre che tenta il suicidio per non essere arrestato) tutto sommato giustificabili in nome della spettacolarità, è un altro, lo spettatore nota, eccome, cosa manca al film.
Scott sembra non stato essere in grado di gestire in oltre due ore (anche se è prevista una director’s cut di oltre 4 ore destinata ad Apple TV), l’epopea napoleonica e la figura stessa del condottiero corso, che per lui sembra essere troppo articolata e protagonista di troppi fatti memorabili per riprodurli sul grande schermo. Il che conduce a una sequela di eventi storici eccessivamente riassunti e di conseguenza superficialmente rappresentati (come la scalata al potere di Bonaparte fino alla porpora imperiale), a una resa scenica delle battaglie, malgrado le ottime scenografie, i costumi e l’eccellente colonna sono di Martin Phipps, alquanto modesta (specie viste le possibilità odierne offerte dalla computer grafica) che fanno rimpiangere le scene di massa girate oltre 50 anni fa da Sergej Bondarčuk nel suo Waterloo.
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A peggiorare le cose c’è l’abnorme spazio riservato storia d’amore con Giuseppina, pessima, non solo per la protagonista Vanessa Kirby (il cui divario artistico con Joaquin Phoenix si percepisce a ogni inquadratura) ma anche per averne privilegiato gli aspetti più boccacceschi e “tossici”, mettendo in secondo piano tutto il resto, come l’influenza che può aver avuto, visto anche il presunto rapporto con lo Zar Alessandro I (Edouard Philipponnat), nella fuga di Napoleone dall’Elba o la sofferenza dell’imperatore per aver dovuto rinunciare, in nome della ragion di Stato, a Giuseppina in favore di Maria Luisa D’Austria.
Insomma sebbene non abbiamo le trovate grottesche de Le crociate (con il personaggio di Orlando Bloom che lascia Gerusalemme in mano ai nobili che scateneranno la guerra solo per ragioni di bon ton) o Robin Hood (con il demenziale sbarco di Dover dell’esercito francese) nel complesso la pellicola un blockbuster di medio livello, che conferma il grande talento di Joaquin Phoenix ma anche che i fasti de Il Gladiatore sono lontani e che, viste le premesse del sequel, avranno difficoltà a tornare.
Andrea Persi