Il Trailer

Di Andrea Persi

Fin dai suoi albori, il genere gangster si è sempre distinto in due filoni: il primo e più didascalico in cui la differenza tra buoni e cattivi era netta (vedi Gli intoccabili di De Palma) e un altro che, invece, scontava la latente attrazione del pubblico per gli antieroi, rappresentava il criminale con vigorose pennellate di malinconico romanticismo come Nemico pubblico di Michael Mann, in cui Johnny Depp, interpreta un rapinatore gentiluomo ormai fuori dal tempo, in un mondo cui la malavita veniva gestita come un’ industria.

Per il suo ultimo film dopo oltre 50 anni di carriera, anche Robert Redford ha scelto di chiudere con  un personaggio un po’ canaglia un po’ poeta che a caratterizzato tante sue interpretazioni da Il grande Gatsby ad Havana, in questa pellicola diretta e sceneggiata da David Lowery (Il drago invisibile) per la fotografia di Joe Anderson, le musiche di Daniel Hart (A ghost story).

Texas 1981. L’attempato Forrest Tucker (Robert Redford) ha vissuto tutta la vita rapinando banche e compiendo rocambolesche fughe di prigione, facendo affidamento sul proprio carisma e inventiva che gli hanno permesso di compiere le sue gesta senza sparare un colpo di pistola. Ma le cose cambiano bruscamente quando si innamora della vedova Jewel (Sissy Spacek), incontrata per caso durante un colpo e l’ostinato poliziotto John Hunt (Casey Affleck) si mette sulle sue tracce.

Noir crepuscolare, ambientato agli albori dell’era di Reagan, epoca di grandi mutamenti per la società americana, a basso tasso di violenza e confezionato su misura per la recitazione di Redford anche per l’utilizzo di spezzoni di alcuni suoi film e di citazioni tratte da altri (uno sopra a tutti, La stangata) che proprio per questo non sfugge a un fin troppo facile parallelismo con la scelta dell’attore di ritirarsi dalle scene. L’alter ego filmico del protagonista de I tre giorni del condor è un uomo arrivato a un punto in cui la vita gli offre, tramite la promessa di un nuovo amore e il pericolo di una nuova, definitiva detenzione, la possibilità, probabilmente l’ultima, di cambiare, rinunciando però a ciò che è sempre stato e che l’ha reso, similmente al Ray Liotta di Quei bravi ragazzi, speciale rispetto agli altri, al punto che lo stesso poliziotto che gli da la caccia finisce per provare ammirazione per lui. Il percorso, interiore e non, che conduce Tucker verso la scelta definitiva è il leitmotiv dell’intero film che si snoda tra un presente fatto di eventi che lo spingono ora in una direzione, vedi le scene dei vari furti coronati dal successo, ora nell’altra, come nella scena della gioielleria o in quella del ferimento del complice, interpretato da Danny Glover e un passato, faticosamente ricostruito dalle indagini di Hunt che mettono, invece, in luce, con notevole ironia, una sorta di dipendenza dell’uomo per la sua carriera criminale. 

Un film senza dubbio metaforicamente autobiografico, anche se Redford ha recentemente definito un errore annunciare che sarebbe stato il suo ultimo film quasi volendo ripudiare ogni somiglianza meta-filmica con la sua decisione, ma ricco di tutta quella classe e quell’atmosfera che solo i classici interpretati da grandi attori possono offrire.

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giubors
“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey
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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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