In una Galassia lontana (lontana?) il Pianeta Madre (Jean Claude?) governa col pugno di ferro gli altri pianeti e minaccia la pacifica esitanza del mondo agricolo di Veldt. La coraggiosa Kora (Sofia Boutella), abitante del villaggio dal passato misterioso, intraprende così un difficile viaggio nello spazio alla ricerca di guerrieri che aiutino la sua gente.
Primo capitolo di una trilogia Netflix (il cui secondo è in uscita ad aprile) il film di Zack Snyder è una pellicola d’avventura, ambientata nello stesso universo del precedente Army of the Dead, godibile e ben girata a livello tecnico che però non porta nulla, o quasi, di nuovo a livello narrativo, ricalcando classici come Star Wars (la trilogia bella, abbiamo, infatti, anche le spade las….ehm che si accendono) e I Sette samurai di Akira Kurosawa, anche se, per il clima fumettistico, la caratterizzazione della protagonista, l’unico personaggio realmente approfondito nei vari flash back e la vena femminista, la pellicola sembra più ispirata al western Pronti a morire di Sam Raimi.
Anche qui, infatti, troviamo personaggi maschili per lo più negativi, come il crudele ammiraglio Noble (Ed Skrein), il pavido contadino Gunnar (Michiel Huisman), il trafficante Kai (Charlie Humman) e l’ubriacone Titus (Djimon Hounsou) che al massimo possono aspirare alla redenzione prendendo ad esempio da Kora e che fanno da contraltare a personaggi femminili, magari tormentati, come la stessa Kora, la guerriera Nemesis (Doona Bae, la tizia con le spade las…, pardon che si accendono) e perfino il mostro alieno aracniforme dal forte istinto materno (Jena Malone), ma fondamentalmente positivi, in un contrasto che viene ancora più rimarcato dal fatto che l’unico personaggio maschile positivo, se i esclude la recluta Aris (Sky Yang), è il robot Jimmy, doppiato da Anthony Hopkins.
In questo contesto risulta molto brava la protagonista, attrice e ballerina algerina, il cui talento, troppo spesso è finito relegato (e nascosto dal trucco) in pellicole pessime come La mummia di Alex Kurtzman con Tom Cruise o Star Trek Beyond di Justin Lee, a gestire le diverse sfaccettature del suo personaggio.
Interessante, infine, anche la sottotrama che tratta della caduta della famiglia imperiale e dell’ascesa al potere del crudele Regente Belisarius (Francis Fee, manco a dirlo un uomo pure lui) che probabilmente costituirà uno dei fulcri narrativi dei film successivi.
È difficile in un periodo come questo, dove si è visto tutto o quasi riuscire a creare una saga innovativa specie se si ci si “ispira” a opere del passato. Snyder, infatti, non ci riesce, ma crea un’opera interessante e di buona scorrevolezza, nonostante i 135 minuti di durata.
Andrea Persi