Rodolfo Acosta è stato uno degli attori più carismatici del cinema messicano de “la época de oro”, nonchè uno dei suoi volti più internazionali grazie a numerose interpretazioni nei western di Hollywood.

In Messico è sempre stato incasellato nei ruoli di cattivo e solo negli States, a metà degli Anni Cinquanta poté sperimentare un diverso registro.
 
Era nato a Chamizal, Chihuahua, e, all’età di tre anni, con la famiglia si trasferì in California per tornare in Messico, nella capitale, a diciannove anni e dedicarsi allo studio del teatro. Nel 1946 aveva esordito al cinema con una parte in “Soy un prófugo”, con Cantinflas ed Emilia Guiu, ma fu due anni dopo, col film “Rosenda” di Julio Bracho, che iniziò ad interpretare con successo una lunga sequenza di personaggi cattivi.
 
Negli USA c’era già stato. Aveva lavorato con con Dolores del Río, Henry Fonda e Pedro Armendáriz, in “La croce di fuoco”, pellicola di John Ford, intrecciando cordiali relazioni col regista che ne aveva apprezzato le qualità professionale. Era però tornò a lavorare in patria, soprattutto col regista Emilio “Indio” Fernández, pensando che lì era il posto ideale per la sua carriera. In effetti ottenne un enorme successo con pellicole come “Salón México”, con Marga López e Miguel Inclán, “El puerto de los siete vicios”, con la bellissima Miroslava Stern, poi “Víctimas del Pecado” e “Sensualidad”, entrambe con la cubana Ninón Sevilla, e “Islas Marías” con Pedro Infante.
 
Era bastato però un soggiorno negli USA, nel 1952, per “Dan il terribile”, un western di Budd Boetticher (per il quale aveva già lavorato in “L’amante del torero”), per capire che poteva ottenere di più oltre la frontiera. Due anni dopo l’attore praticamente disse addio al Messico per lavorare a pieno titolo nel cinema e nella televisione statunitensi fino alla morte. Affiancò star come John Wayne, Elvis Presley, Robert Mitchum, Marlon Brando, Rock Hudson, Glenn Ford e Gregory Peck.
 
Nel western era perfetto perchè i suoi tratti ricalcavano pienamente lo stereotipo dell’indiano quanto quello del messicano, e poi aveva sviluppato con maestria espressioni fosche, occhiate crudeli, sorrisi minacciosi e beffardi. Il più delle volte interpretò ruoli del tutto secondari, ma la sua partecipazione era garanzia di autenticità e perfezione interpretativa.
 
Comparve in una infinita serie di film. Lo ricordiamo in “Hondo”, “Rullo di tamburi”, “Stella di fuoco”, “I due volti della vendetta”, “I 4 figli di Katie Elder”, “Il cavaliere implacabile”, “La grande sfida”, “Il guerriero apache”, “L’uomo che non voleva uccidere”, “Il ritorno dei magnifici sette” e “Appuntamento per una vendetta”. Per la televisione partecipò alle serie “Rawhide”, “Bonanza” e “Zorro”.
 
Dal 1973 iniziò ad aver problemi di cancro al fegato e si spense il 7 novembre dell’anno successivo, appena cinquantaquattrenne.

 

 

 

Angelo D’Ambra

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Angelo D'Ambra, saggista, laureato in Scienze Politiche, anima il portale di divulgazione storica historiaregni.it, scrive di storia nordamericana per farwest.it e si occupa di critica cinematografica e musicale per planetcountry.it e passionecinema.it.

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