Soulmates è una serie televisiva statunitense, creata da William Bridges e Brett Goldstein.

Si tratta di una serie antologica, in quanto scenari e personaggi sono diversi in ogni episodio.

La fiction, ambientata nel futuro, ma in realtà ispirata al mondo di oggi, è incentrata sui problemi di attualità e sulle sfide poste dall’introduzione di una tecnologia che può individuare l’anima gemella di ogni individuo.

In Italia è distribuita da Amazon Prime Video dall’8 febbraio 2021 ed è già stata rinnovata per una seconda stagione.

Siamo quindici anni nel futuro.

Qualche fastidioso scienziato o computer (o forse una fastidiosa combinazione dei due) ha scoperto l’esistenza della “particella dell’anima” negli esseri umani, il che significa che chiunque può fare un test che rivelerà il suo partner perfetto.

Allora, cosa faresti?

La premessa non è tra le più originali: l’idea della tecnologia che taglia i delicati strati di emozione, connessione e significato con cui noi umili insaccati insistiamo nel complicare le nostre vite è stata oramai fin troppo abusata.

Questa premessa dirompente – l’annosa questione della compatibilità distillata in certezza scientifica, il fascino gravitazionale di essere veramente e pienamente compresi – è, nella versione di Soulmates, credibilmente smerigliata attraverso l’allegra insipidezza del marketing. 

Quindici anni o giù di lì nel futuro, un tempo che Soulmates immagina sembra fondamentalmente lo stesso di adesso, tranne per il fatto che i telefoni sono trasparenti e i computer sono ologrammi touch-screen. 

Il tono è confuso sia dal punto di vista grammaticale che da una questione di tensione drammatica: quale mistero c’è da amare se è tutto scritto nel tuo DNA? 

Considerare l’efficacia del test come un dato di fatto solleva una serie di domande: il legame dell’anima gemella è intrinsecamente romantico?

E se la persona ha un’età molto diversa, vive dall’altra parte del mondo o non ha affatto sostenuto il test? 

Che rischio c’è nello scegliere un amore scientificamente certo? 

In sei storie individuali, Soulmates risolve solo in parte questa confusione.

Al suo meglio è una rotazione intrigante e filmata in modo intrigante sulle questioni sempreverdi dell’impegno, della monogamia e di quanto bene si possa mai conoscere un’altra persona. 

Il messaggio di questi episodi sembra essere che le persone malvagie sfrutteranno dove possono sfruttare e che un test scientificamente certo e tuttavia fondamentalmente dirompente avrà, prevedibilmente, alcune conseguenze oscure e impreviste. 

Soulmates  dimostra una tenue comprensione dei tentacoli specifici della sua stessa premessa e cioè che un’emozione universale può manifestarsi in una relazione che si sente incomunicabile, apprezzata, fluente, solo a noi stessi.

La perfezione priva di intimità è ancora una pagina piatta. 

Ci vuole molto di più della compatibilità delle parti, per quanto scientifica, per fare una corrispondenza.

Ogni storia scivola via facilmente, forse troppo facilmente.

A volte, anche le strade più ovvie rimangono inesplorate.

La storia di una donna eterosessuale la cui anima gemella si rivela essere un’altra donna sembra destinata a essere un’esplorazione delle domande sulla fluidità e l’identità sessuale, ma invece diventa la storia di un’altra coppia che cerca di adattare la propria vita al modello stabilito con il minor disturbo possibile.

È stata commissionata una seconda stagione di Soulmates.

Forse questo darà ai suoi creatori il coraggio di addensare questa pappa sottile e servire qualcosa di molto più gustoso la prossima volta.

Valerio Sembianza

Eccovi il trailer

 

 

 

 

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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey
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