In Matrix L’Oracolo dice a Neo di non preoccuparsi per il vaso. Il prescelto si guarda intorno per capire di cosa sta parlando, e così facendo urta e rompe un vaso. L’Oracolo allora gli chiede di meditare sul punto chiave: se non avesse detto niente, lo avrebbe rotto lo stesso? Questo è un esempio di ciò che in sociologia viene chiamato profezia che si auto adempie e che si verifica quando la possibilità di un evento basta a realizzare l’evento stesso a causa delle reazione dei soggetti. Un altro esempio è descritto nella pellicola del colombiano Ciro Guerra, sceneggiata dallo scrittore J. M. Coetzee (e basata sul suo romanzo a sua vota ispirata a Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati), per la fotografia di Chris Menges (Molto forte, incredibilmente vicino) e le musiche di Giampiero Ambrosi.
In un remoto avamposto un anziano magistrato ormai prossimo alla pensione (Mark Rylance) sorveglia il confine tra l’impero e un deserto popolato da misteriose tribù barbare. Tra le due parti esiste un rapporto di pacifica indifferenza, finché l’arrivo dello spietato colonnello Joll (Johnny Depp) incaricato di scoprire se i barbari rappresentino o meno una minaccia, non mette a rischio il precario equilibrio.
Il regista espone con notevole maestria la tematica della già citata profezia che si auto adempie, qui rappresentata in forma dilemma (che si snoderà per tutta la storia) se i barbari rischino di diventare un pericolo a causa delle azioni di Joll o se lo siano sempre stati, ma non siano stati riconosciuti come tale dal magistrato lassista e, in un certo, senso alienato dall’immutabilità della vita di frontiera. Ma questo (oltre una discreta e occasionale qualità estetica) è tutto.
Per il resto, infatti, il film arranca stancamente per quasi due ore tra scene dalla lentezza esasperante, momenti di truculenza in stile Apocalypto meramente fini a stessi e, nonostante la bravura del cast, in particolare di Johnny Depp (sebbene conciato come la versione militaresca di Ranxerox, l’androide protagonista dei fumetti di Stefano Tamburini), personaggi che sarebbe stato interessante approfondire ma che, invece, rimangono per tutto il tempo dei vincolati ai superficiali stereotipi, assegnatigli dal regista
Un’occasione mancata per quello che poteva essere un’opera notevole, anche se fare una pellicola interessante da un libro ispirato a un altro è come pretendere di realizzare un Picasso facendo la fotocopia di una fotocopia.
Andrea Persi
Il Trailer