Il grande Isaac Asimov poco prima di morire ammise che dopo sette libri scritti nell’arco di 30 anni di non sapeva come proseguire la celebre saga della Fondazione (che sta per diventare una serie tv prodotta dalla Apple) interrotta con finale aperto al termine del romanzo Fondazione e Terra.

E questo è in fondo il destino di ogni saga di fantascienza letteraria e non: più il racconto si ingrandisce e più si riducono gli intrecci possibili anche a causa delle regole poste dall’autore alla storia. Ma i produttori del franchise di Terminator, pressati dalle ben più implacabili leggi dello showbiz, hanno tentato di uscirne utilizzando quello che era nato come un espediente artistico per gli anni ’80 (il viaggio nel tempo) e che è stato utilizzato in questa pellicola, diretta da Tim Miller (Deadpool), sceneggiata da David S. Goyer, Justin Rhodes e Billy Ray, per la fotografia Ken Seng (La famiglia Fang) di e le musiche di Tom Holkenborg (Alita – Angelo della battaglia) per farne un sequel diretto di Terminator 2 – il Giorno del Giudizio e per riproporre il mitico personaggio di Sarah Connor.

Ventitre anni dopo la distruzione della Cyberdyne Systems, un nuovo Terminator (Gabriel Luna) viene inviato nel passato per uccidere la giovane Dani Ramos (

), la quale troverà aiuto e protezione nella misteriosa Grace (Mackenzie Davis), nell’ormai attempata Sarah Connor (Linda Hamilton) e di un vecchio T-800 (Arnold Schwarzenegger), nascosto da decenni sulla Terra.

Oltre a proseguire lungo il percorso narrativo di trasformare in un personaggio positivo la macchina assassina arrivata dal futuro interpretata da Schwarzenegger e a usare un espediente, peraltro piuttosto arzigogolato, per far tornare Linda Hamilton, il film offre davvero poche novità (per il villain, dopo i “nano terminator” di Genisys, si raschia senza troppi preoccupazioni il barile, così come per il personaggio di Grace, plateale alter ego femminile nemmeno del personaggio di Kyle Reese), ma l’alto tasso di spettacolarità che permette combattimenti su strada (un classico) in cielo e in acqua, rende piacevoli le oltre due ore di film e fa sorvolare sui vistosi svarioni della sceneggiatura, come Sarah Connor pluriricercata nazionale a cui però basta una telefonata per ottenere un’arma super segreta e scatenare contro i malcapitati nemici un battaglione di marines, sebbene probabilmente il reset narrativo dei precedenti capitoli non potrà che far storcere il naso a qualche fan.

La storia, insomma, continua, o meglio ripete se stessa, sempre con lo stesso scopo: combattere nel presente per proteggere il futuro.

Andrea Persi

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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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