I film biografici spesso ci ricordano che dietro cose banali o che diamo per scontate ci sono storie di coraggio, forza e, perché no, anche di crudeltà e cinismo. Così John Lee Hancock ci ha raccontato come una sorta di Wall Street ambientato negli anni ’50 la nascita di McDonald in The founder, mentre David O. Russell ha usato i toni del dramma familiare nel suo Joy per narrare la vita dell’inventrice del mocho per pavimenti.
Un biopic molto più convenzionale, ma non per questo meno interessante, è invece quello diretto dal Texano Alfonso Gomez-Rejon (Quel fantastico peggior anno della mia vita), sceneggiato dall’inglese Michael Mitnick (The giver – il mondo di Jonas), con la fotografia del coreano Chung Chung-hoon e le musiche di Volker Bertelmann e Dustin O’Halloran, che narra dello scontro per la conquista del nascente mercato elettrico che la stampa dell’epoca ribattezzò “Guerra delle correnti”.
Stati Uniti 1880. Nonostante il carattere scontroso e i molti problemi economici, Thomas Alva Edison (Benedict Cumberbatch) è l’inventore più famoso del Paese. Il sogno di diffondere ovunque la corrente elettrica lo conduce ben presto allo scontro con il ricco imprenditore George Westinghouse (Michael Shannon) e il giovane e brillante scienziato Nikola Tesla (Nicholas Hoult), entrambi desiderosi di raggiungere lo stesso obbiettivo.
La storia di una guerra inconsueta, fatta di pubbliche relazioni e titoli di giornali, in cui non vengono risparmiati né i colpi bassi, come le uccisioni di animali compiute da Edison e i ricatti di Westinghouse, in cui lo scopo del regista non è tanto quello di raccontare l’evoluzione della scoperta (non aspettatevi “spiegoni” sulla differenza tra corrente alternata e continua), ma di descrivere le personalità dei protagonisti e di come e dell’impatto sociale delle loro scoperte. Tramite gli archetipi, simili a quelli usati da Milos Forman nel suo Amadeus, del genio e del mediocre il film ci mostra un Edison indubbiamente brillante ma arrogante, incapace di trattare col prossimo, perfino con i familiari e il fido segretario Samuel Insull (Tom Holland) ma che, a differenza, del Mozart di Tom Hulce, è ammirato da tutti. Mentre Westinghouse, sicuramente più empatico con chi gli sta accanto a cominciare dalla moglie Marguerite (Katherine Waterston) è semplicemente un rispettabile uomo d’affari che non potrà mai eguagliare la fama di eroe popolare del cosiddetto Mago di Menlo Park, per il quale però riesce a non provare l’invidia distruttrice di un Salieri.
L’esito finale della “guerra” e il suo effetto sui due uomini rimane comunque ben poca cosa, rispetto alle sue conseguenze, positive e negative, sul mondo magistralmente riassunte nella scena, girata con montaggio alternato, dell’inaugurazione della Fiera Mondiale di Chicago del 1893 che ci ricorda, come fa frate Lorenzo nel Romeo e Giulietta di Zeffirelli, che molte cose sono buone o cattive a seconda dell’utilizzo che se ne fa.
Un biopic notevole, con un eccellente Benedict Cumberbatch, che racconta non solo la storia di due uomini e del loro sogno, ma anche di come quel sogno abbia rivoluzionato il mondo.
Andrea Persi