Scrittore, poeta, intellettuale scomodo, comunista, pervertito che alla fine ha avuto ciò che si meritava. Le definizioni (spesso semplicistiche) per Pier Paolo Pasolini si sono sprecate anche prima della sua tragica morte, ma difficilmente sono riuscite a rendere giustizia una personalità certamente complessa e, soprattutto, libera.
Ma se è vero che un artista si giudica dalla sua opera è altrettanto vero che un uomo si giudica dalle esperienze che lo hanno formato ed è proprio questo hanno cercato di fare i registi Francesco Costabile e Federico Savonitto, in questo documentario prodotto da Remigio Guadagnini e Augusta Eniti, a cui hanno collaborato Debora Vizzi alla fotografia e Paolo Corberi alle musiche la cui uscita nei cinema prevista il 2 novembre, nel quarantacinquesimo anniversario della morte del poeta è stata rinviata sine die a causa dell’emergenza covid.
Attraverso i suoi scritti giovanili, i filmati d’archivio che lo vedono protagonista e i ricordi del cugino, il poeta e regista Domenico Naldini (recentemente scomparso), ripercorriamo gli anni dell’adolescenza e della giovinezza di Pier Paolo Pasolini in Friuli.
Il documentario riesce con ottima competenza narrativa sia a far emergere gli aspetti insoliti e poco conosciuti dell’artista emiliano, come il Pasolini pittore e poeta dialettale e sia a ricostruire la sua personale estetica capace di scovare la bellezza anche nella semplicità della vita contadina, perfino durante gli anni di guerra. Importanti sono anche i passaggi che spiegano del ruolo determinante che ebbe il Cinema, in particolare quello neorealista, per Pasolini quale unico contatto col mondo della cultura, la sua repulsione per il mondo piccolo borghese e capitalista, tale da spingerlo a raccontare per tutta la sua vita solo del mondo proletario o subproletario e le prime pulsioni per i ragazzi del suo stesso sesso che lo porteranno allo scontro e all’ostracismo (anche postumo) da parte degli ambienti più conservatori della società.
Un’opera interessante e ben girata, che alterna sapientemente la rappresentazione della figura intima e di quella pubblica di uno tra più grandi intellettuali del secolo scorso che speriamo di vedere quanto prima nelle sale.
Andrea Persi
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