Quando guardo una pellicola americana a sfondo politico ogni tanto mi viene da pensare: che farebbe Di Maio contro un’invasione aliena? O Salvini contro un gruppo di terroristi? O, ancora, Zingaretti se venisse informato che un asteroide è diretto sul nostro pianeta? Le prime risposte che mi vengono in mente sono poco rassicuranti e c’è dire che nemmeno gli Americani hanno una grande opinione dei nostri politici che, vedi 2012 o Attacco al potere 2, vengono puntualmente mostrati come parodistiche macchiette, anche se questo non significa che non prendano in giro anche il proprio establishment, come, infatti, fa il regista Jonathan Levine (Warm bodies, Sballati per le feste) nella pellicola in arrivo il 10 ottobre, sceneggiata di Liz Hannah e Dan Sterling, per fotografia di Yves Bélanger e le musiche di Marco Beltrami e Miles Hankins.
Fred Flarsky (Seth Rogen), giornalista capace e arguto ma perseguitato dalla sfortuna e vittima dei suoi modi eccessivamente diretti, viene assunto nello staff del segretario di Stato Carol Field (Charlize Theron), sua ex baby-sitter e amica d’infanzia, di cui si innamora. Ma le cose sono presto complicate dalle responsabilità della donna e dai maneggi del potente tycoon Parker Wembley (Andy Serkis).
Presentata come satira irriverente del sistema, il film in realtà sembra una versione, a ruoli alternati, de Il presidente – una storia d’amore con Michael Douglas e Annette Bening, nella quale la critica politica è davvero ridotta al minimo, abbiamo perfino, tra bonarie prese in giro del fascinoso premier canadese interpretato da Alexander Skarsgård, dall’improbabile nome di James Sterwart e dell’atteggiamento infantile del presidente in carica (Bob Odenkirk), una rivalutazione (si veda la scena del dialogo tra Fred e il suo amico Lance) dei valori del partito Repubblicano, vero villain, invece, del film di Reiner. Né le gag demenziali fatte di catastrofiche cadute dalle scale, eiaculazioni davanti alla webcam e trip allucinogeni nel momento più sbagliato possibile (espediente, peraltro fin troppo abusato dai tempi di A proposito di Schmidt), modificano tale percezione e anzi appaiono i momenti meno validi della pellicola che invece viene resa davvero gradevole dalle interpretazioni e dalla vivacità dei due protagonisti i cui dialoghi sono veramente brillanti e anche commoventi.
Una commedia, dunque, fintamente anarchica ma divertante e allo stesso tempo politicamente corretta.
Andrea Persi