All’uscita della notizia che Luca Guadagnino avrebbe girato un remake di Suspiria, uno dei film più importanti (e riusciti) di Dario Argento, molti hanno storto il naso. Questo sostanzialmente per due ragioni, perché il film essendo una pietra miliare non aveva bisogno di alcun remake e per il curriculum che il regista si porta appresso. Tante persone vedono ancora Luca Guadagnino come il regista di Melissa P. (uno dei peggiori film mai concepiti) e non contano il percorso che lo ha portato a dirigere quel piccolo gioiello ce è Call Me by Your Name (candidato anche agli oscar come miglior film ricordo e vincitore della miglior sceneggiatura). Poi, attraverso alcune dichiarazioni il regista ha lasciato intendere di come il suo film fosse più un’altra visione dello stesso racconto più che un remake vero e proprio. A visione ultimata e con qualche giorno di riflessione sulle spalle posso dire che l’obiettivo è pienamente centrato. Suspiria è una manna dal cielo per chi, come me si nutre a pane ed horror. Questo perché il film di Guadagnino risulta essere elegante anche quando mette in scena la violenza. Si controlla dunque in favore del risultato (un po’ come le danzatrici controllano i loro movimenti, li rendono fluidi in favore dell’obiettivo finale). Ambientato nel 1977 (guarda caso l’anno d’uscita del Suspiria Argentiano) in un preciso contesto storico, Suspiria mette in scena una Germania ancora profondamente ferita dalle conseguenze della seconda guerra mondiale. Guadagnino com’è successo con il film precedente piace inserirsi in un preciso periodo storico. Da questo punto di vista il primo paragone che mi viene in mente è quello con Guillermo del Toro, altro regista che racconta storie fantastiche contestualizzandole all’interno di un preciso contesto (Shape of Water e la guerra fredda oppure il regime franchista con Il Labirinto del Fauno). Ad aiutare la riuscita del film troviamo attrici in stato di grazia come la terrorizzante Tilda Swinton nei panni di Ms. Blanc o Dakota Johnson, alla prova del nove dopo la trilogia di Cinquanta Sfumature. Qui la troviamo alle prese con un interpretazione più che altro fisica portando il regista a concentrarsi sui suoi movimenti, così leggeri e al tempo stesso violenti. La ricerca che porta avanti Guadagnino è quindi sul corpo e la sua plasticità, dunque porta avanti il discorso che aveva iniziato con Call Me By Your Name rendendo Suspiria una sorta di proseguimento in tal senso. Anche se sul primo ci si concentrava sulla bellezza statuaria del corpo maschile, qui in maniera opposta su quello femminile.
In definitiva Suspiria non può e non deve essere categorizzato come semplice remake perché si tratta di un operazione molto diversa e rischiosa. Il film è complesso, elegante , onirico, con una colonna sonora (di Tom Yorke) in grado di trasportare lo spettatore in un labirinto di specchi. Una delle sorprese più gradite di questo festival.