Il prototipo del Mandaloriano fa la sua comparsa ne L’Impero colpisce ancora nelle sembianze dell’astuto cacciatore di taglie Boba Fett, interpretato dall’attore inglese Jeremy Bulloch. Il personaggio pronuncia due battute in tutto (salvo un urlaccio sguaiato ne Il ritorno dello Jedi) per poi uscire di scena in maniera alquanto truculenta, senza venire, peraltro, mai indicato come Mandaloriano.

Ma il personaggio ebbe un tale successo che non solo fu resuscitato (nel videogame Jedi Academy) ma ci si preoccupò, nella trilogia prequel di raccontarne lo origini, e di narrare quelle del suo popolo nel roleplay Star Wars: Knights of the Old Republic.

Così, John Favreu (Zathura – Un’avventura spaziale, Iroman), intuendone anche lui le potenzialità presso il pubblico e consapevole della lezione data da Rogue One (non c’è bisogno dei Jedi per fare un buon film su Star Wars), ha creato la prima serie tv con personaggi in carne e ossa, ambientata nell’universo lucasiano e incentrata sui misteriosi combattenti corazzati, sceneggiandola assieme al team composto da Dave Filoni, Christopher Yost, Rick Famuyiwa e affidandone la regia degli 8 episodi e a diversi cineasti tra cui troviamo Bryce Dallas Howard (figlia di Ron) e il candidato all’Oscar Taika Waititi (che presta la voce anche a un droide da combattimento), mentre alla fotografia ci sono Barry Baz Idoine e Greig Fraser (Vice – L’uomo nell’ombra, Rogue One: a Star Wars Story) e alle musiche il premio Oscar Ludwig Göransson (Creed – nato per combattere, Black Panther).

Cinque anni dopo la battaglia di Endor, i sistemi stellari periferici sono in balia di bande criminali e di signori della guerra che comandano i resti dell’Impero.

Un Mandaloriano (Pedro Pascal) riceve dal capo della propria gilda di cacciatori di taglie (Carl Weathers) il compito di catturare un alieno che interessa a un ricco cliente (Werner Herzog). Ma l’inaspettata identità della preda condurrà il guerriero a fare una scelta pericolosa e avventata.

La serie, già rinnovata per una seconda stagione (e pare anche per una terza), trasforma l’universo creato da George Lucas in una sorta di far west (più “leoniano” che “fordiano”) decadente in cui i forti soggiogano i deboli (nell’episodio The sanctuary, ad esempio, ci viene riproposto il soggetto de I magnifici sette) e in cui questo eroe solitario (incredibilmente più espressivo di Clint Eastwood nonostante l’elmetto) agisce guidato da un personale senso di giustizia e compassione verso i deboli, ma che non può evitare in talune circostanze (vedi l’episodio The prisoner, l’unico, peraltro, in cui si “intravede” la Nuova Repubblica) di adattarsi alle regole di una società in preda a uno sfacelo anche culturale (che ricorda quello descritto da Isaac Asimov nel ciclo delle Fondazioni) in cui  la Forza e i Jedi non sono più Storia, ma appartengono ormai alla leggenda.

Ma più della storia intrigante e dei camei illustri (oltre a Herzog, troviamo anche Nick Nolte e il cosmopolita caratterista danese Giancarlo Esposito) il successo della serie dipende da quello che il web ha denominato “Baby Yoda”, l’alieno (animato alla vecchia maniera da un team di burattinai) divenuto in brevissimo tempo quasi più iconico del proprio “progenitore” e attorno al quale ruotano (e probabilmente ruoteranno) tutti i misteri dei prossimi episodi.

Le uniche pecche che si possono attribuire al telefilm è una certa ripetitività delle situazioni (mai visti tanti hangar, deserti e locali malfamati gestiti da droidi tutti assieme) e la brevità della prima stagione che si risolve in meno d dieci episodi, mentre la loro singola durata, oscillante tra i 30 e i 45 minuti appare, invece, una scelta felice per evitare tempi morti a un prodotto vincolato alla scorrevolezza televisiva.

Favreu ci dimostra che anche senza acrobatici duelli a colpi di spade laser (né complicati intrecci tra Lato Oscuro e Lato Luminoso) si può creare un ottimo prodotto e, in parte, fa recuperare credibilità al progetto della Disney dopo la disastrosa trilogia sequel di JJ Abrams.

Andrea Persi

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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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