Di Andrea Persi 

Molti film sulla Shoah, pensiamo a Storia di una ladra di libri o allo stesso Schindler’s list, ci hanno mostrato come lo sterminio fisico degli Ebrei fosse soltanto il punto di arrivo di un processo che voleva cancellarne l’identità e lo spirito. In Orwell 1984, Michael Radford ci ha, invece, mostrato la follia di un regime che non vuole uccidere gli oppositori ma omologarli a esso. Ed è ciò che vuole rappresentare anche il regista (qui anche sceneggiatore, Joel Edgerton (Regali da uno sconosciuto – The Gift), affiancato da Eduard Grau (Buried – sepolto, Suffragette) alla fotografia e da Danny Bensi e Saunder Jurriaans alla colonna sonora, a proposito della cosiddetta terapia di riorientamento sessuale che, messa al bando quasi ovunque ma ancora diffusa tra gli ambienti più conservatori degli Stati Uniti, mira a trasformare gli omosessuali in etero, “guarendoli” da ciò che viene ritenuto un disturbo medico.

Jared (Lucas Edgerton) è il figlio del reverendo Marshall Eamons (Russel Crowe) e di sua moglie Nancy (Nicole Kidman). La confessione della propria omosessualità, costringerà il ragazzo a frequentare il centro di riabilitazione diretto dall’inflessibile Victor Sykes (Joel Edgerton), per “correggere” la propria natura e i suoi genitori a dover scegliere tra l’amore per lui la devozione alla loro Fede.

Emozionante dramma familiare che, grazie soprattutto alle ottime prove del cast e alla fotografia volutamente cupa nelle scene dei confronti genitori\figlio, narra la crisi di un nucleo familiare le cui certezze vengono spazzate via dalla diversità di un giovane che a sua volta si trova a subire un calvario interiore e fisico per non perdere l’amore soprattutto del padre, attraverso il surreale universo della casa di cura, caratterizzata, invece, da un oppressivo colore bianco ospedaliero, e l’incontro, sia dentro che fuori dalla struttura, con altri ragazzi come lui, interpretati, tra gli altri dal regista Xavier Dolan e dal cantante e modello Troye Sivan e dall’attore Joe Alwyn, che si trasfigurano una sorta di simulacri di ciò che Jared potrebbe diventare (ipocrita, bugiardo e perfino violento) se non accettasse ciò che è. Un dramma a 360 gradi, insomma, che Edgerton non abbandona mai, se non nelle didascalie finali, per utilizzare l’ironia allo scopo di sottolineare la vacuità di un trattamento fatto di partite a baseball e percosse con la Bibbia, condotto da persone bigotte e talmente impreparate a risolvere un problema irrisolvibile (semplicemente perché non è un problema) da dover essere loro i primi a convincersi della bontà dei propri metodi.

Film ben realizzato e commovente sul fatto che non possiamo gli altri, ma solo il modo in cui li guardiamo.

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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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