L’ennesimo colpo di Diabolik (Giacomo Giannotti) ed Eva Kant (Miriam Leone), il furto di preziose monete antiche appartenenti alla Contessa Wiendemar (Barbara Bouchet) fallisce a causa di una sanguinaria banda di rapinatori che riesce perfino a intrappolare il re del terrore e l’ispettore Ginko (Valerio Mastrandrea). Mentre i malviventi decidono cosa fare dei due pericolosi ostaggi, Eva e la duchessa Altea di Vallenberg (Monica Bellucci), innamorata del poliziotto, cercano di ritrovare i loro uomini.
La terza pellicola di Marco Manetti e Antonio Manetti meglio noti come i Manetti Bros dedicata al genio del crimine creato dalle sorelle Angela e Luciana Giussani è uno spettacolo dal punto di vista tecnico per le impeccabili scenografie e costumi vintage anni ’60 e per l’ottima e coinvolgente colonna sonoraa cura di Pivio & Aldo De Scalzi, quanto è deludente dal punto di vista narrativo e recitativo.
Eccovi il Trailer
Sotto il primo aspetto sia la trama principale che il flashback sulle origini di Diabolik (e le informazioni sul passato di Ginko) si sviluppano stancamente e prevedibilmente quanto un carosello pubblicitario per un’ ora e mezza senza che accada nulla di rilevante salvi alcuni momenti di puro trash come: Ginko viene chiamato così sia dai colleghi che dall’amata Altea (quindi a logica il nome completo dovrebbe essere Ginko Ginko), i rapinatori che sembrano la copia sfigata di quelli della Magliana di Romanzo Criminale (la serie non il film che un minimo di gusto lo aveva), la villa del capobanda protetta solo da un cancello che viene scavalcato tipo 20 volte nel corso della pellicola (alla faccia di Verisure), Diabolik che viene riconosciuto senza maschera praticamente da tutti (e che c…o te la metti a fare quando vai a rubare, allora?) e il suo potente mentore (Paolo Calabresi, bravo e simpatico attore, ma che come cattivo alla 007 è credibile quanto Lino Banfi in un film di Terence Malik) che gli svela tutti i suoi segreti, dopo 5 minuti di conoscenza (oh che c…o).
Sotto il profilo recitativo siamo alla “dramma” più completo, con Mastrandrea che sembra aggiungere “h” alla fine di ogni parola, Miriam Leone e Giacomo Giannotti espressivi come un blocco di tufo e Monica Bellucci talmente imbarazzante da far (letteralmente) ridere il pubblico in sala.
Il finale lascia prevedere un nuovo sequel, probabilmente incentrato su Eva Kant, ma a giudicare da questo “soporifero” terzo capitolo, fossi dei Brothers non ci farei troppo affidamento.
Andrea Persi