Nel 1955 Juan Antonio Bardem diresse il dramma “Muerte de un ciclista” ovvero “Gli egoisti”, con una inarrivabile Lucia Bosè affiancata da Alberto Closas. Fu Bardem stesso ad occuparsi della sceneggiatura col supporto di Luis Fernando Igoa. A Cannes il film vinse il Premio Internazionale della Critica, in patria fu biasimato, osteggiato, combattuto da un censura che non tardò ad individuare nella storia portata su pellicola non solo la messa alla berlina della borghesia spagnola coi suoi vezzi e la sua decadenza, ma anche della morale del regime franchista.

I protagonisti sono “egoisti”, non percepiscono altro al di fuori dell’immagine, della reputazione, non hanno senso della giustizia, né morale.


Lo spettatore conosce la storia di una coppia adultera, María José, moglie dell’industriale Miguel de Castro, ed il professore universitario Juan Fernández Soler, che si trova coinvolta in un complesso dilemma morale dopo aver investito accidentalmente un ciclista sulla strada mentre tornava da una scappatella fuori città. Temendo che la loro relazione venga scoperta, abbandonano l’uomo ferito e fuggono lasciandolo morire.


Lucia Bosè – che in occasione delle riprese poté conoscere il torero Luis Miguel Dominguín – interpretò alla perfezione la femme fatale con tutto il suo bagaglio narcisista ed autodistruttivo. A differenza del suo amante che viene strangolato dalla sua coscienza, divorato dai rimorsi, lei resta in difesa delle apparenze e combatte con determinazione per impedire che l’amante confessi tutto. Per farlo, non esita ad ammazzare, proprio nello stesso luogo in cui è stato ucciso il ciclista.


E’ una critica devastante alla classe sociale dominante, descritta come corrotta e perduta. Un attacco così sfrontato ad uno dei settori principali su cui poggiava la dittatura. Chiaramente il fariseismo di cui tacciava la borghesia aveva un contenuto politico, l’omicidio stesso commesso da Maria José, reddamente determinata a continuare a godere della sua comoda posizione economica, era la metafora di una classe che difende i propri privilegi a tutti i costi. A rafforzare questa lettura c’erano le scene in cui Bardem mostrava le manifestazioni studentesche. Gli uomini di Franco lo valutarono come “film gravemente pericoloso”, ma la censura impose solo il taglio delle scene di nudo e quelle in cui i due amanti erano a letto. Come se non bastasse, nel finale un altro ciclista incrocia la sua strada e María José, cercando di evitarlo, va fuori strada e muore. Il ciclista allora raggiunge la prima casa vicina e denuncia l’incidente. Due etiche molto diverse…

Angelo D’Ambra

Share.

Angelo D'Ambra, saggista, laureato in Scienze Politiche, anima il portale di divulgazione storica historiaregni.it, scrive di storia nordamericana per farwest.it e si occupa di critica cinematografica e musicale per planetcountry.it e passionecinema.it.

Leave A Reply