Nel 200 Dopo Cristo, Roma è governata dai corrotti e perversi “imperatori gemelli” Geta (Joseph Quinn) e Caracalla (Fred Hechinger). Il valoroso generale Acacio (Pedro Pascal) torna vittorioso da una campagna militare in Africa, portando con sé un prigioniero dal passato misterioso di nome Annone (Paul Mescal) che si dimostra un portentoso guerriero e attira l’attenzione dell’ambizioso allenatore di gladiatori Macrino (Denzel Washington) e di Lucilla (Connie Nielsen), figlia del defunto imperatore Marco Aurelio (Richard Harris).

Lo abbiamo aspettato, lo abbiamo temuto, abbiamo evitato la storia tratta dallo script di Nick Cave Gladiator II: Christ Killer, ma alla fine l’immancabile sequel del kolossal del 2000 è arrivato. Schematizzando, possiamo dire che rispetto al primo film abbiamo: più strafalcioni storici, il medesimo tasso di spettacolarità (vedi la battaglia iniziale e la “naumachia” al Colosseo),una storia che sostanzialmente ricalca la precedente, un utilizzo “scapestrato” della computer grafica tra animali, definiti per comodità “scimmie” ma che sembrano più coboldi di D&D e sfondi palesemente artefatti, una colonna sonora (affidata a Harry Gregson-Williams) nemmeno lontanamente paragonabile alla potenza evocativa dei brani di quella di Hans Zimmer e, infine una recitazione altalenante.

Ma andiamo per ordine. All’epoca dei fatti, Lucilla e Lucio Vero erano morti da un pezzo, mentre Geta e Caracalla (che peraltro non erano affatto gemelli) avevano rispettivamente 11 e 12 anni e sul trono sedeva loro padre Settimio Severo, che in effetti fu impegnato in una campagna contro gli abitanti della Numidia per ampliare la allora provincia romana. Scott, quindi è più che mai spregiudicato nell’adattare la Storia alle sue esigenze cinematografiche, facendolo anche in maniera alquanto superficiale tanto che a un certo punto troviamo il celebre “ciò che facciamo in vita riecheggia nell’eternità” inciso, in inglese!!!, sulle pareti dell’anfiteatro. Un atteggiamento, questo, che temo gli porterà maggiori critiche che lodi

Come gliele porteranno una storia praticamente identica alla prima (anche i comprimari che fanno amicizia con Annone nell’arena sono simili a quelli che nel primo film diventano amici di Massimo) salvo per il mistero (si fa per dire) sulle origini del protagonista che una volta svelato svilisce la figura dello stesso Massimo, anche per il modesto livello recitativo di Paul Mescal, la cui fissità allucinata, la “scucchia” e i denti da costoro non sono minimamente all’altezza della maestosa gravità di Russel Crowe rappresentata, invece, da Pedro Pascal, (purtroppo troppo vecchio per il ruolo del protagonista), mentre Connie Nielsen, riesce a essere, se mai era possibile, ancor più inespressiva che nel primo film. Molto bravi, invece, Joseph Quinn (che molti ricordano per il ruolo del rockettaro Eddie Munson in Stranger Things) e Fred Hechinger nei panni dei due tiranni psicopatici, resi efficacemente spaventosi anche dall’ inquietante trucco di scena e fin troppo gigione, infine Denzel Washington nel ruolo del viscido Macrino (che c…o si ride a ogni sequenza, non si sa).  

Un film nel complesso godibile, ma inferiore al precedente sotto diversi punti di vista, e criticabile soprattutto per il fatto che dopo quasi 25 anni Scott non ha saputo portare nessuna idea nuova ma solo realizzare, come disse il venerabile Yorge (Fëdor Fëdorovič Šaljapin) “una grande e sublime (nemmeno tanto) ricapitolazione” del suo capolavoro.

Andrea Persi

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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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