Andrea Spezzacatena (Samuele Carrino) è un quattordicenne bravo a scuola, ben educato e talentuoso nella musica e nello sport che ha un buon rapporto con i genitori, soprattutto con sua madre (Claudia Pandolfi), nonostante la loro recente separazione. Purtroppo, dopo l’incontro con i compagni di scuola Sara (Sara Ciocca) e Christian (Andrea Arru), il ragazzo precipiterà negli abissi del bullismo e del cyberbullismo.
Basato sulla vera storia di Andrea Spezzacatena, adolescente romano, morto suicida a 15 anni dopo mesi di vessazioni, prima, ma purtroppo non ultima vittima (recentissimo il caso di Leonardo Calcina, suicidatosi a Senigallia, dove, come annunciato dallo sceneggiatore Roberto Proia il film verrà proiettato in anteprima) di questo fenomeno che la regista Margherita Ferri evita di indagareutilizzando facili banalizzazioni tra buoni e cattivi, ma cercando, piuttosto, di spiegarne le cause e gli effetti che hanno su chi lo subisce. In primo luogo c’è l’ansia, che nasconde la propria fragilità, di essere accettati dai coetanei che porta i ragazzi, “incastrati” tra l’infanzia e l’età adulta, a essere cattivi gli uni con gli altri o a fare cose contrarie alla loro indole (per far colpo su Christian, Andrea si fa mettere una nota dall’insegnante). Lo stesso Christian, sebbene appaia come il più “figo della scuola” ha una situazione familiare complicata, è uno studente mediocre, ha meno talento musicale di Andrea e deve ricorrere alle prese in giro verso i più deboli per mantenere il suo status di leader, mentre in altri momenti del film, perfino Andrea e Rosa si comportano in maniera cattiva tra di loro. Questo, in perfetta coerenza con lo schema sociologico delle “dinamiche di gruppo” in cui c’è, appunto, il leader,ci sono i suoi gregari, spesso più cattivi di lui, come nel caso de “Il Signore delle mosche” di William Golding, in cui è Roger un gregario del capo dei “cacciatori” Jack a commettere le peggiori nefandezze e c’è il capro espiatorio che diviene lo sfogo di tutte le frustrazioni del gruppo, spesso non essendone responsabile.
Infatti Andrea, malgrado appaia come il più in gamba anche se timido e insicuro, diventa oggetto di azioni sempre più sadiche, giustificate tramite il fragile paravento dello “scherzo” (vedi la scena del ballo), che lo conducono a isolarsi (vedi, invece, la scena della tradizionale “battaglia dei gavettoni” di fine anno che definisce con poche sequenze la solitudine di cui è diventato vittima) e a convincersi che in qualunque luogo del microcosmo adolescenziale le cose non cambieranno e a temere quello che potrebbe succedergli il giorno seguente, anche a causa dei social che hanno reso più facile le vessazioni del prossimo grazie anche al filtro dell’anonimato, fino ad arrivare al punto di scegliere di non andare più avanti, cercando di ritrovare la felicità nel mondo dell’infanzia, in un finale che, assieme alla narrazione portata avanti dalla voce fuori campo di Andrea (come avviene succede in Viale del tramonto di Billy Wilder), rappresentano le intuizioni registiche più felici del film.
Un film che deve molto anche alla colonna sonora, in particolare al brano Canta ancora di Arisa e alla recitazione dei tre giovani protagonisti Rosa Ciocca (che ha già collaborato con registi del calibro di Ferzan Özpetek, Donato Carrisi e Marco Tullio Giordana), Andrea Arru (protagonista della serie Netflix Di4ri, interprete del terzo capitolo di Diabolik dei Manetti Bros nonché protagonista di Glassboy, film in cui si parlava sia pure in maniera molto edulcorata, di bullismo) e, soprattutto, Samuele Carrino (La stoccata vincente di Nicola Campiotti e Il maledetto di Giulio Base) che nel corso della conferenza stampa hanno evidenziato la grande emozione e i sentimenti provati durante la produzione della pellicola.
Se le parole possono ferire, o peggio, vale la pena di seguire il consiglio del cantante e attore Harry Styles che in una sua canzone invita a trattare le persone con gentilezza. L’unica ed efficace risposta ai bulli.
Andrea Persi
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