Mentre Netflix ci regala il primo trailer del suo stop motion su Pinocchio, Guillermo del Toro torna nei cinema tre anni dopo il successo de La forma dell’acqua per un’altra storia ambientata nel recente passato, precisamente degli Stati Uniti dei primi anni ’40 e ispirata all’omonima pellicola del 1947 di Edmund Goulding, a suo tempo interpretata da Tyrone Power e Coleen Gray.

Il seducente Stanton Carlisle (Bradley Cooper) si unisce a una compagnia di giostrai dove si innamora della dolce Molly (Rooney Mara) e impara i trucchi del mentalismo e su come manipolare le persone dall’alcolizzato Pete (David Strathairn) e da sua moglie Zeena (Toni Collette). Ma ben presto l’avidità lo farà entrare in una pericolosa spirale di tentazioni e ricatti, soprattutto a seguito dell’incontro con l’affascinante e ambigua Lilith (Cate Blanchett).

Del Toro segue quasi fedelmente il plot del film di Goulding ma rende la narrazione maggiormente oscura, introducendo l’antefatto sulla partenza di Carlisle da casa (che tornerà spesso negli svariati flashback), modificando il finale e introducendo nella prima parte ambientata alla fiera un’atmosfera che ricorda da vicino Freaks di Tod Browning (pensiamo alla sequenze dell’uomo bestia, non mostrato nel film originale se non attraverso i dialoghi dei protagonisti o all’uomo rettile) e incrementando il gore e lo splatter della seconda parte, scegliendo di relegare il proprio talento estetico alle scenografie barocche e dark, pensiamo all’edificio in cui il protagonista incontra il milionario Ezra Grindle (Richard Jenkins) o all’ufficio di Lilith, enfatizzate dall’utilizzo del campo medio o di quello americano in luogo dei primi piani che caratterizzavano la pellicola originale e di limitare quello narrativo per il fantastico alle sequenze oniriche del protagonista.

Il regista di Hellboy, insomma, rinuncia a molto se non a tutto di ciò che ha reso celebre il suo cinema, e, soprattutto, nella seconda parte del film appare smarrito nello sviluppo della trama, riuscendo però a costruire un noir quasi perfetto, forse a tratti didascalico e prevedibile, ma degno erede delle migliori pellicole del genere in cui una storia fatta di intrighi e ambiguità ci svela a poco a poco la vera natura del protagonista, non angelo caduto come nel film di Goulding, ma anima dannata fin dall’inizio come Harry Angel di Ascensore dell’inferno di Alan Parker.

E, in effetti, la tematica del lupo travestito (non solo metaforicamente) da agnello per sbranare il gregge dei suoi simili è centrale nel film anche tramite gli altri personaggi come l’imbonitore Clem Hoatley (Willem Dafoe) che dietro i modi amichevoli e baffi e capelli tinti cela una personalità capace di azioni orrende per pochi dollari fino alla spietata Lilith che nasconde con i suoi modi affascinanti e gli abiti di classe un’anima sordida.

Avidità, inganno, bassezza morale e autodistruzione miscelati sapientemente da un cineasta che senza temere di abbandonare la propria comfort zone cinematografica ci regala una opera di grande qualità.

Andrea Persi

Eccovi il trailer

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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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