Dopo la morte di Elphaba, la perfida Strega dell’Ovest (Cynthia Erivo), Glinda (Ariana Grande), la buona Strega del Sud, comunica alla popolazione di Oz la notizia. Incalzata dalle domande degli abitanti, Glinda inizia a raccontare quando conobbe la strega durante gli anni all’università di Shiz.
Il film è tratto dall’omonimo musical del 2003 di Stephen Schwartz (musiche e testi) e dal libretto di Winnie Holzman, a sua volta tratto dal romanzo Strega – Cronache dal Regno di Oz in rivolta, scritto da Gregory Maguire che costituiscono una serie di opere postume che danno del mondo di Oz, una visione più matura e oscura rispetto alle opere di L. Frank Baum e al celebre film del 1939 con Judy Garland.
Il regista, Jon M. Chu, è, invece, noto per aver diretto in passato film di rara bruttezza come Now you see me 2, G.I. Joe – La vendetta e altri che qui in Italia verrebbero definiti “musicarelli” come Step Up 2 e 3 o Jem e le Holograms, tratto dal famoso cartone animato degli anni ’80, dai quali si riusciva, però a intuire, una certa abilità per le coreografie e le scene di gruppo musicate che, abbinata in questa pellicola a un budget di tutto rispetto, a una notevole bravura sia del cast tecnico (tra cui spiccano il più volte candidato all’Oscar Nathan Crowley alle scenografie e Paul Tazewell ai costumi, artistico (in particolare delle due protagoniste) e a una storia ormai divenuta iconica, hanno prodotto un film straordinario che regge ottimamente per quasi tre ore, raccontando gli eventi del primo atto del musical.
Un musical che racconta un mondo di Oz afflitto dai mali moderni, che vanno ben oltre la velata critica politica di Baum e l’imbonitore da fiera che si è spacciato per uno stregone, dell’avidità, dell’inganno, del tradimento, del bullismo tra i giovani (anche se gli studenti della Shiz sembrano più dei fuoricorso di 30 anni) dell’ipocrisia: Glinda viene creduta buona anche quando cerca, solo per il proprio tornaconto, di combinare un appuntamento tra Nessarose (Marissa Bode) sorella di Elphaba e il “Mastichino” Boq (Ethan Slater) e anche del razzismo soprattutto nei confronti della protagonista per la sua diversità, usato anche come strumento per rendere la popolazione sottomessa e ignorante così da mantenerla unita contro un nemico comune, rappresentato dagli animali parlanti che si dimostrano le creature più buone e sapienti del reame (vedi il docente-capra Dillamond doppiato da Peter Dinklace o la tata-orso Dulcibear, doppiata da Sharon D. Clarke) e che per questo sono visti come nemici dello status quo e vengono bersagliati a colpi di maldicenze che oggi chiameremmo fake news.
Il tutto raccontato a con musiche e coreografie impeccabili arricchite anche dalle possibilità visive che offre il Cinema, rispetto al teatro (le migliori sequenze sono quelle di Dancing Through Life e Defying Gravity, brani quasi antitetici, visto che il primo parla dell’inutilità di “avere un cervello” e della felicità di uniformarsi alla massa e la seconda della libertà di poter esprimere sé stessi senza sottomissioni di sorta).
Unico rammarico è che dovremmo aspettare il 2025 per la seconda parte di una pellicola che si appresta a essere una delle più significative degli ultimi anni.
Andrea Persi
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