“Addio Mr. Harris” è un film del 1951 del regista Anthony Asquith. Al Festival di Cannes vinse il premio per la migliore sceneggiatura e quello per la migliore interpretazione maschile, la struggente recitazione di Michael Redgrave nei panni di Andrew Crocker-Harris, un severo e pedante professore di latino e greco che, a fine carriera, scopre di esse un individuo piuttosto debole e non adatto all’insegnamento.
Di salute cagionevole, apparentemente anaffettivo, il docente ha una sensibilità talmente accentuata da renderlo inadeguato a costruire rapporti empatici con alunni e colleghi per i quali non è altro che “l’Himmler della quinta classica”. Incapace di attrarre i suoi allievi, di ispirarli, di suscitare qualsivoglia forma di trasporto, con gli anni si è arreso all’immagine noiosa e autoritaria che essi avevano di lui. Relegatosi alla prigionia di legami aridi, patisce la venefica relazione con sua moglie Millie (Jean Kent). La donna, infatti, manifesta per lui odio profondo, lo umilia e lo tradisce apertamente col suo collega, il professore Frank Hunter, interpretato da Nigel Patrick.
In perfetto accordo con una vita piatta, non c’è colonna sonora e l’unico baleno d’azione del film è una sciocca partita di cricket. L’intensità dei silenzi e la profondità dei monologhi di Redgrave sono emozionanti.
Le cose iniziano a cambiare quando Crocker-Harris si imbatte in una sua traduzione dell’Agamennone di Eschilo. L’opera, mai portata a termine, è un reperto di quando aveva iniziato ad insegnare con passione e idealismo ora dissipati, è il ricordo giovanile di quando vagheggiava una vita di slanci emozionali leggendo i poeti classici, un passato lontano, ma anche un presente tragico.
Millie è, invero, una moderna Clitemestra che vorrebbe uccidere il marito, nell’anima, nella psiche, nell’autostima. La traduzione della tragedia è, però, incompiuta e c’è quindi spazio per la salvezza di Crocker-Harris, per un processo di liberazione catartico. Stavolta, infatti, Egisto spinge Agamennone a reagire, così il docente trova la forza per lasciare la moglie adultera. Inoltre, Oreste, ovvero lo studente Taplow (Brian Smith), infonde in lui l’idea che è possibile guardarsi dentro, riconoscere i fallimenti, chiedere scusa per non essere stato l’insegnante che avrebbe dovuto essere e riconquistare la propria dignità con un atto di cui nessuno sarebbe capace.