Di Andrea Persi 

L’uomo formica nasce nel 1962, l’anno della crisi dei missili di Cuba ma anche del volo spaziale attorno alla Terra di John Glenn, in un periodo storico, insomma, in cui il progresso apriva all’uomo orizzonti meravigliosi e allo stesso tempo potenzialmente catastrofici, ed è sempre rimasto un personaggio piuttosto defilato nell’Universo Marvel facendo per lo più da agli Avengers o ai Fantastici 4, nelle loro avventure del microverso, la dimensione infinitesimale esistente all’interno della nostra realtà e di frequente minacciata da villain quali il sadico Psycho-Man o il sinistro Dottor Destino.

Questo nonostante i tentativi quasi paterni di Stan Lee di lanciarlo come protagonista di una serie propria, dotandolo di poteri sempre più stupefacenti come la capacità di rimpicciolire e diventare gigante o quella di comandare gli insetti e il rocambolesco passaggio del testimone operato nel 1979 dagli autori David Michelinie e John Byrne, con il quale a prendere il posto dello scienziato Harry Hank Pym fu il più disincantato ladruncolo e genio informatico Scott Lang. Il cinema, probabilmente motivi più che altro commerciali, ha tentato di rendere giustizia al supereroe in formato variabile attraverso due film e un’apparizione nel corale Civil War. A dirigere il sequel della pellicola del 2015 troviamo sempre Peyton Reed, coadiuvato dal team di sceneggiatori formato da Chris McKenna, Erik Sommers, Andrew Barrer, Gabriel Ferrari e dal protagonista Paul Rudd, dall’Italiano Dante Spinotti (Nemico Pubblico, Le Cronache di Narnia: il viaggio del veliero) alla fotografia, da Dan Sudick e Jake Morrison agli effetti speciali e da Christophe Beck (Tower Heist, Frozen) alle musiche.

Dopo gli eventi di Civil War, Scott Lang (Paul Rudd) sta scontando i domiciliari con l’impegno di non indossare più il costume di Antman, cercando di fare da padre alla piccola Cassie (Abby Ryder Fortson) e aiutando l’amico Luis (Michael Peña) a gestire la loro azienda di sistemi di sicurezza. Ma una serie di circostanzae lo portano nuovamente a incontrare Harry Pym (Michael Douglas) e sua figlia Hope (Evangeline Lilly), alla ricerca di un modo per riportare indietro la madre della ragazza (Michelle Pfeiffer) dispersa anni prima nel microverso e minacciati dal boss del crimine Sonny Burch (Walton Goggins) e dal misterioso “Fantasma”.

Ispirandosi al principio che se le dimensioni contano ma che conta anche come si usano, il film gioca in maniera divertente e spettacolare, pensiamo alla scena della scuola o dell’immancabile inseguimento in auto, ormai tormentone di ogni pellicola Marvel, tra micromachine e laboratori in misura trolley, spezzando a colpi di ironia anche i momenti di maggior tensione narrativa come la cattura dei buoni  da parte dei cattivi.

Ne viene fuori una storia scanzonata, resa piacevole anche dalle interpretazioni di Michael Douglas e Paul Rudd che ricorda da vicino i film di avventura degli anni ’80 e che si ritaglia un proprio spazio, potremmo dire interstizio, nell’universo dei cinecomics Marvel, lontano sia dalle atmosfere oscure del recente Black Panther e di Thor: Ragnarok e si da quelle pop de I Guardiani della Galassia,

Cameo parlato di Stan Lee in un film divertente e ricco di azione, che il giovane pubblico di Giffoni ha già potuto apprezzare e che arriverà nelle sale il 14 agosto.

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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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