Circa 10 anni dopo essersi unito al popolo dei Na’viJake Sully (Sam Wortinghton) e sua moglie Neytiri (Zoe Saldana) hanno costruito una famiglia sul mondo di Pandora e cercano di vivere in pace. Ma il ritorno di un vecchio nemico li costringerà a fuggire presso la tribù acquatica dei Metkayina.

Il sequel lungamente atteso del blockbuster del 2009 è, e ci mancherebbe pure il contrario dopo 13 anni e visto il talento di Cameron, un film tecnicamente perfetto, capace di trasmettere emozioni e poesia tramite le immagini in 3d pensiamo alla scena dell’arrivo dei maestosi Tulkun o al rapporto che si istaura tra di uno di loro e il giovane e sconsiderato Lo’ak (Britain Dalton), e rinnovare il messaggio ecologista, divenuto anche più attuale, del primo film sul rispetto della natura con cui siamo, volenti o nolenti, in simbiosi, mentre la tecnologia (così in altre pellicole come Terminator o lo stesso Titanic) è vista come una minaccia a questo equilibrio.

Le note dolenti cominciano però quanto si entra nel merito della storia. Cameron di recente ha criticato i personaggi dei film DC e Marvel che si comporterebbero come “se fossero al college”. Ma a guardando Avatar 2 sembra che i suoi siano alle elementari con scarse speranze di essere promossi alle media. La famiglia allargata di Sully, gestita come una specie di reparto militare, di cui fanno parte anche una bambina nata, con si sa come dal personaggio di Sigourney Weaver e l’umano Spider (Jack Champion) il quale ha ottime speranze di conquistare il premio per il personaggio più antipatico e inutile della saga, sembra essere più disfunzionale di quella della serie tv Shameless, tra i momenti alla Hitler del padre, quelli di pura follia omicida della madre e le dinamiche adolescenziali degne di episodio di Willy il Principe di Bel-Air (all’ennesimo “ehi bro” pare di trovarsi nel ghetto di New York altro che su un pianeta alieno).  

A consolarci c’è il ritorno Stephen Lang, nel ruolo del sempre spietato colonnello Quaritch e il fatto che tutto sommato la prova dei giovani attori (a cui probabilmente sarà affidato il futuro della saga) non difetta tanto per causa loro quanto piuttosto per gli stereotipi (la bambina frignona, la sorella maggiore emarginata, i fratelli l’uno perfetto e l’altro scavezzacollo) in cui il regista scegli di incatenarli nel tentativo, interessante quanto purtroppo velleitario di rielaborare la storia originaria attraverso gli occhi e l’inesperienza dei figli del protagonista….e non solo.

Un film destinato a un successo sicuro e meritato ma a cui manca un cast all’altezza per diventare un capolavoro che, come Titanic, si ricorderà nei decenni avvenire.

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“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

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