L’agitato tormento di uno sconosciuto si proietta su una città che attende con fibrillazione e spensieratezza lo spettacolo di una impiccagione. Così inizia Bravados, pellicola di Henry King, interprete protagonista Gregory Peck, un’eccellente western, inconsueto, meditativo che tuttavia potrebbe risultare noioso a chi cerca solo azione.

Jim Douglas (il nostro Peck), un ex allevatore, è alla ricerca di quattro uomini che hanno stuprato e ucciso sua moglie. Crede di averli trovati in quattro condannati alla forca nella città di Rio Arriba. Vi si reca per assistere alla loro fine ma, quella sera, mentre quasi tutti sono in chiesa per la festa di Sant’Antonio, i fuorilegge scappano dalla prigione, rapendo una delle ragazze del posto. Douglas prende il comando della squadra di inseguitori ed ogni volta che si trova faccia a faccia con uno dei fuggiaschi mostra la foto della moglie defunta chiedendo se l’hanno mai vista. I fuggitivi giurano di no, ma Douglas non crede loro e li uccide uno ad uno (un giovane Lee Van Cleef, Stephen Boyd e Albert Salmi), tutti tranne l’indio Lujan (Henry Sliva) che viene inseguito sino a casa, dove Douglas scopre che si è completamente sbagliato: quei quattro non hanno ucciso sua moglie. Sconvolto e disperato, torna a Rio Arriba, chiede perdono in chiesa, ma la comunità gli fa festa. Quando i cittadini offrono la loro gratitudine, Douglas è spiazzato. Sofferente chiede solo le loro preghiere.

A Peck calzava a pennello la parte. Bellissima è la scena in cui prende al laccio uno dei banditi. La sua sagoma statuaria pare adatta a sostenere il peso di un dramma, l’espressione contratta e cupa accompagna sempre, come un riverbero, il tormento patito.

Il film, tratto da un romanzo di Frank O’Rourke, fu girato da gennaio ad aprile del 1958, in Messico, nelle città di Guadalajara e Morelia e nelle montagne San Jose Perua e ha nei suoi scenari naturali un punto di forza. Gole profonde, distese selvagge, panorami mozzafiato che si estendono fino all’orizzonte, incidono molto sulla resta del film.

L’intreccio di temi così delicati, la vendetta e la fede su tutti, non strozza in alcun modo il ritmo narrativo. Emerge ovviamente lo sbigottimento di un uomo che ha perso la moglie e che rinuncia alla sua morale per vendicarsi, uccidendo però gente che non era responsabile di quel crimine. La chiesa del villaggio è il luogo fisico della sua redenzione spirituale, mentre, fuori, una folla gli è grata per aver ucciso gli efferati criminali e lo ributta in una tempesta di contraddizioni. L’amicizia di quella città lo turba, lo soffoca. I cittadini di Rio Arriba stanno lì a dirgli che, anche se ha ucciso per ragioni sbagliate, ha fatto bene perché gli uomini ammazzati eran loro nemici. Questa logica era lo specchio di una società capace di ricorrere alla violenza senza porsi fino in fondo il problema delle questioni morali ad esse connesse. Peck addirittura presentò la pellicola come una critica al maccartismo, la crociata anticomunista scatenata negli Stati Uniti con effetti devastanti anche nel mondo di Hollywood. Quel che conta è che il pubblico, ancora oggi, resta sicuramente a disagio per l’insieme della vicenda. Forse caso unico in un western, il suo eroe sbaglia tutto, segue una pista erronea, fallisce ed è schiacciato dalla colpa, non quella di aver mancato i veri responsabili dell’omicidio di sua moglie, ma di aver ucciso e basta, di aver inabissato la coscienza nell’oblio di una cieca vendetta.

L’omicidio nei film western era sempre stato presentato come necessario, escatologico. In Bravados si ammanta di oscure ambiguità morali e implicazioni mai veramente approfondite.

Sul set però echeggiarono risa e leggerezza. Tutti gli attori ricevettero lezioni di equitazione perché la gran parte di loro non aveva mai cavalcato, ciò non evitò a Kathleen Gallant, già “Miss New Hampshire”, che nel film veste i panni della giovane rapita, di capitombolare comicamente da cavallo, né a Stephen Boyd d’essere preso letteralmente a calci dal suo. Lo stesso Peck durante le riprese cadde da cavallo, rotolando da uno sperone alto più di venti metri, senza ferirsi. Volle divenire poi un vero cowboy e comprò un ranch con seicento capi di bestiame presso Santa Barbara, in California.

 

 

Angelo D’Ambra

https://www.youtube.com/watch?v=ntmAqgDCDys
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Angelo D'Ambra
Angelo D'Ambra, saggista, laureato in Scienze Politiche, anima il portale di divulgazione storica historiaregni.it, scrive di storia nordamericana per farwest.it e si occupa di critica cinematografica e musicale per planetcountry.it e passionecinema.it.
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Angelo D'Ambra, saggista, laureato in Scienze Politiche, anima il portale di divulgazione storica historiaregni.it, scrive di storia nordamericana per farwest.it e si occupa di critica cinematografica e musicale per planetcountry.it e passionecinema.it.

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