Presentato lo scorso anno a Venezia, dove è valso il premio Marcello Mastroianni al giovane e bravissimo protagonista Rouhollah Zamani e scelto per rappresentare l’Iran ai prossimi premi Oscar, esce anche in Italia l’ultima pellicola del regista Majid Majidi, ultimato poche settimane prima che la pandemia sconvolgesse le nostre vite e il mondo del Cinema.

Ali (Rouhollah Zamani), ha 12 anni e vive a Teheran. Orfano di padre, mentre la madre rinchiusa in un degradato ospedale psichiatrico, il ragazzo con i suoi amici Mamad (Mohammad Mahdi Mousavifar), Reza (Mani Ghafouri) e Abolfazl (Abolfazl Shirzad), per la cui sorella Zahra (Shamila Shirzad) nutre un tenero e inconfessato sentimento, si destreggia tra modesti lavori e piccoli furti, finché il boss del quartiere Hashem (Ali Nassirian) non gli propone di recuperare un misterioso tesoro sepolto sotto la scuola del Sole, un decadente istituto per ragazzi problematici. La vita di Ali e dei suoi amici è destinata a cambiare.

La pellicola di Majidi, dedicata, come ci dice la didascalia iniziale, ai 152 milioni di bambini sfruttati e chi lotta per loro, ci trasporta in una Teheran dei giorni nostri che ricorda la Roma del dopoguerra di Sciuscià, in cui Ali e il suo gruppo di amici cercano di sopravvivere contando solo sulla loro amicizia e sui quei momenti di felicità che solo i ragazzi sanno assaporare, come una partita di pallone in strada o un bagno proibito in una fontana pubblica, così come per i due lustrascarpe di De Sica lo era in una corsa a cavallo.

La soluzione a tutti i loro problemi (il fantomatico tesoro) non solo introduce il gruppo in un ambiente per loro del tutto nuovo di una scuola ma ne destabilizza l’equilibrio non diversamente da quello che avviene all’amicizia tra Franco Interlenghi e Rinaldo Smordoni, quando finiscono in carcere. Ma le similitudini tra le due pellicole, finiscono qui.

Majidi non cala i suoi protagonisti nell’ambiente scolastico per mostrare, se non in parte, come l’esperienza li cambi, ma per rappresentare il conflitto tra l’infanzia e l’età adulta, la prima simboleggiata dalla ricerca, sempre più ossessiva e pericolosa, del tesoro e l’età adulta fatta di scelte diverse, più o meno forzate.

E così bambino resta legato al sogno del bottino, incurante dei pericoli e delle difficoltà (un po’ come l’avida archeologa tedesca Elsa Schneider de Indiana Jones e l’ultima crociata, l’adulto vi rinuncia anche (e forse soprattutto) per sacrificarsi per il prossimo accanto. 

Film di grande poesia e simbolismo sul desiderio di libertà contrapposto alla responsabilità di crescere.

Andrea Persi

Eccovi il Trailer

author avatar
giubors
“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey
Share.

“Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un'ora e mezza non ci pensa.” di Jim Carrey

Leave A Reply