Un’entità eterea e sanguinaria soggioga la volontà umana imponendo efferati omicidi e se il posseduto muore essa è pronta a prendersi un nuovo corpo e a ricominciare il suo valzer di delitti. Questo il soggetto di “Diary of Madman”, pellicola realizzata ai Goldwyn Studios di West Hollywood, in California, e uscita nelle sale cinematografiche statunitensi nel 1963.

Sebbene il titolo richiami alla mente un’opera di Gogol, si tratta di un adattamento del racconto “Le Horla”, scritto da Guy de Maupassant nel 1887. La regia è di Reginald Le Borg, la sceneggiatura di Robert E. Kent ed è una di quelle nella quale Vincent Price diede il meglio di sé.

Nel bel mezzo della sequenza di film di Roger Corman ispirati ad Edgar Allan Poe, l’attore sfoggiò un’incredibile prova recitativa fatta di pathos, turbamento ed emotività, ma pure di agghiacciante freddezza quando arriva il momento di uccidere. Nessun interprete riusciva a modellare lo sconvolgimento psicologico nei lineamenti del viso come lui. Nessuno sapeva farsi specchio della deformazione dei pensieri d’innanzi all’aberrazione, nessuno acquerellava negli occhi e sulle labbra le torsioni dell’anima umana di fronte all’assurdo come l’istrionico americano. La sua potenza espressiva non aveva bisogno di luci e rendeva al massimo in sceneggiature scritte apposta per il suo raffinato personaggio vittoriano.

La fortuna delle pellicole di Corman, però, spinse “Horla – Diario segreto di un pazzo” in secondo piano, solo critica e affezionati non trascurarono il film.

Curatissime le ambientazioni, pulita la fotografia. Spicca la recitazione della bellissima Nancy Kovack, in equilibrio tra sensualità e dolcezza, perfetta nelle scene di panico. Col suo metro e ottantadue era tra le più alte attrici di Hollywood, eppure sembra minuta d’innanzi a Price, forte di dieci centimetri in più, ma soprattutto di quel suo inaccessibile alone di oscurità.

Quando l’integerrimo giudice Simon Cordier (Price) va a far visita al condannato a morte Louis Girot (Harvey Stephens), questi insiste nel dire che non è colpevole dei crimini commessi e che è posseduto da uno spirito malvagio. Cordier respinge certe sciocchezze, ma Girot prova ad ucciderlo. Nell’allontanarlo il giudice lo fa cadere privo di vita. Da quel momento inizia ad avere strane visioni, a sentire voci, ad essere schiacciato da rimorsi. Comincia così la sua discesa negli inferi, egregiamente enfatizzata dalle pulsazioni drammatiche della colonna sonora di Richard LaSalle, che lo porta all’omicidio di Odette Mallotte DuClasse (Nancy Kovack).

Il climax si raggiunge dopo uno smottamento nella trama rappresentato da una potenziale fine, la redenzione nella Croce riflessa sulla lama d’un pugnale pronto a trafiggere. Sono le stesse fiamme che appena tre anni prima s’erano viste in “House of Usher” di Corman a dare commiato allo spettatore, come a sottolineare la fragilità di una sceneggiatura incentrata su Price. Probabilmente con un altro interprete il film non avrebbe reso, sarebbe risultato lento e piatto. Privo di scene pienamente d’orrore, ha assolutamente bisogno delle grandi capacità di Price di spiritualizzare il genere, ne è dipendente. E chi ha detto che ciò è un problema?

 

 

 

 

Angelo D’Ambra

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Angelo D'Ambra
Angelo D'Ambra, saggista, laureato in Scienze Politiche, anima il portale di divulgazione storica historiaregni.it, scrive di storia nordamericana per farwest.it e si occupa di critica cinematografica e musicale per planetcountry.it e passionecinema.it.
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Angelo D'Ambra, saggista, laureato in Scienze Politiche, anima il portale di divulgazione storica historiaregni.it, scrive di storia nordamericana per farwest.it e si occupa di critica cinematografica e musicale per planetcountry.it e passionecinema.it.

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