La Recensione
Da dove cominciamo? “Sempre dalla fine”, dall’ultimo atto di un’opera umile e intensa, capace di insinuarsi sottopelle e restituire bellezza. Sulla scia di Ride (2018) valso a Valerio Mastandrea un Nastro d’Argento come regista esordiente, in “Nonostante” ritroviamo il tema di ciò che avviene – o non avviene – dopo la vita.
Un avverbio nel titolo che può significare molte cose. Ma che cosa? Nonostante il dolore, nonostante la separazione, nonostante la vita che finisce e un’altra che continua. Eravamo un po’ spaventati dalle premesse, ma il film dimostra di essere tutt’altro che un apologo moralista. C’è la consueta ironia – marchio di fabbrica – mastandreiana, e c’è l’esplosione delle emozioni profonde e delicate. Ecco, un termine sovviene alla mente quando pensiamo a Valerio come regista: “delicatezza”. Della narrazione , della visione, del senso.
Non eccede mai nella forma, e non carica di eccessi retorici il racconto. I suoi personaggi, i “ghost” ospedalieri (straordinari anche Laura Morante e Lino Musella) sono tutti senza nome e senza mestiere, perché nella fine e nell’inizio, nel limbo e nella speranza, esiste un primordiale concetto di uguaglianza. Quello che conta sono i rapporti umani. D’altronde non ci si può neanche troppo affezionare alle situazioni di passaggio, perché “le stanze in un modo o nell’altro prima o poi le lasciano tutti” , si tratta solo di aspettare.
E se l’attesa è la parte più difficile, “The waiting is the hardest part” cantavano Tom Petty and the Heartbreakers, ciò che avviene in quella sospensione temporale permette a tutti di riavvolgere il nastro. Dalla fine fino al principio, Mastandrea lascia allo spettatore la possibilità di godere delle bellezze della vita attraverso uno sguardo fuoricampo e privilegiato. Quello del “cosa sarebbe accaduto se le avessi detto quella cosa” o se magari avessi dato quell’abbraccio in più a tuo padre. Non a caso il film è dedicato proprio al padre di Valerio, Alberto, scomparso nel 2014.
Un volo pindarico, un doppio registro cinematografico che invita a riflettere invece sull’importanza e l’urgenza della vita. Ne è la riprova l’innamoramento per la protagonista femminile (Dolores Fonzi) così inconsistente nella forma ma reale nella sostanza, che spingerà il nostro Valerio a porre il cuore oltre l’ostacolo. D’altronde la vita stessa richiede ogni tanto l’assunzione di un rischio, un salto nel vuoto che vada al di là dei confini, delle difese e delle abitudini.
Ma quando, nella vita di tutti i giorni, siamo realmente disposti a saltare? Quanto siamo invece ossessionati dalla necessità di dover controllare tutto?
Se il rischio è dimenticare chi siamo, non sono gli atti o i momenti estremi a dovercelo ricordare. Ecco la chiave nascosta del film, che invita a non salire su quel treno di non ritorno senza mai aver vissuto davvero. La scena delle anime traghettate sul Tevere, una sorta di Eneide 4.0, e quel vento che porta l’anima altrove, ricorda un po’ quella della violenza in “C’è ancora domani”, in cui Paola Cortellesi elimina ogni sorta di voyerismo per esprimere il concetto nel modo più delicato ma efficace possibile.
Anche con affanno, la paura e l’incertezza bisogna trovare il modo per rispondere all’imperativo del sentimento. Lo stesso rischio che si prende Valerio mettendo da parte la testa per ascoltare il cuore. Il coraggio di un cinema senza filtri e lustrini, ma che sa arrivare davvero all’anima delle persone.
Nonostante, Il Cast
- Valerio Mastandrea
- Dolores Fonzi
- Laura Morante
- Lino Musella
- Justin Alexander Korovkin
- Giorgio Montanini
- Barbara Ronchi
- Luca Lionello
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