E’ il papà del western spagnolo, un regista che ha lasciato il segno. Parliamo del madrileno Joaquín Romero Marchent, un mago della cinepresa, che nel 1955 subentrò al messicano Fernando Soler come direttore del dittico “El Coyote” e “La Justicia del Coyote”, creato dal romanziere José Mallorquí, e, da allora, brillò nello spaghetti western.
Quando si parla di spaghetti western, e di western spagnoli in particolare, non si può dimenticare Joaquín Romero Marchent, sceneggiatore per suo fratello Rafael di “Garringo” del 1969, con Anthony Steffen e Peter Lee Lawrence, e di “Lo irritarono… e Sartana fece piazza pulita” del 1970, con Johnny Garko, ma anche regista di pellicole come “I tre implacabili” del 1963, “I tre spietati” e “I sette del Texas” del 1964, “Sette ore di fuoco” del 1965 e “100.000 dollari per Lassiter” e “Gringo, getta il fucile!” del 1966.
Pensiamo a lui come padre dello spaghetti prima ancora che Sergio Leone sbarcasse in Spagna per girare “Per un pugno di dollari”. I suoi lavori si contraddistinguevano per il taglio classico ,la narrativa fluida, sottotrame accattivanti. Manca ancora la violenza e il cinismo, mancano le caratteristiche inquadrature del genere. Tutto questo lo introdurranno gli italiani, ma Joaquín Romero Marchent ha un buon stile, grandi competenze, gusto per le atmosfere, cura dei dettagli e amore per scene di azione e battaglie che sembrano tipiche di una delle produzioni medie hollywoodiane dell’epoca.
Esordì nel cinema a metà degli Anni Quarana grazie al padre, proprietario della rivista specializzata Radio Cinema e fondatore della Intercontinental Films, dopo aver troncato una carriera calcistica e aver provato diversi percorsi di studio.
Lavorò in principio con registi come Díaz Morales, José María Forqué o Luis Lucía, fino al 1953 quando realizzò il poliziesco “Juzgado permanente” e poi il rifacimento di una pellicola religiosa, “Sor Angélica”. La critica valutò le prove positivamente, ma i film passarono inosservati al botteghino. Voleva fare altro e lo fece. Nel 1955 realizzò due pellicole western, le prime in assoluto della cinematografia spagnola: “El Coyote” e “La Justicia de El Coyote”, coproduzioni hispano-messicane ispirate alle avvenure dell’eroe mascherato dei romanzi di José Mallorquí.
Proseguì tornando a film drammatici che non gli diedero molta fortuna commerciale, così tornò al western, ancora con eroi mascherati: “La venganza del Zorro” e “Cabalgando hacia la muerte”, coproduzioni italo-franco-spagnole, ancora con la scrittura di José Mallorquí.
I risultati furono convincenti e Mallorquí collaborò ancora a “I tre implacabili”. Nel giro di sei anni Joaquín Romero Marchent diresse ben sette western, affermandosi come uno dei padri del genere.
Frequentemente fu accanto ai fratelli Rafael, attore e regista, Carlos, anch’egli attore e regista, e Ana María, montatrice, incassando molto ed aprendo la propria casa di produzione, la Centauro Films, con cui produsse pellicole come “Lo voglio morto” di Paolo Bianchini.
La sua vena drammatica e la grande capacità di catturare l’atmosfera del West furono sfruttati anche alla scrittura. Collaborò infatti alla sceneggiatura di “Mani di pistolero” di suo fratello Rafael, a “Ammazzali tutti e torna solo” di Enzo G. Castellari del 1968. In tal veste contribuì ad una delle serie televisive di maggior successo nella storia spagnola, “Curro Jiménez”, basata sul brigantaggio andaluso.
Angelo D’Ambra